Moratoria in Sardegna, esperti locali: norme ci lasciano perplessi, FV a rischio per politicizzazione

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L’attuale politicizzazione delle tematiche ambientali sta mandando messaggi distorti, poi amplificati dai giornali generalisti incapaci di capire la complessità delle tematiche energetiche e climatiche. Lo dicono tre esperti del fotovoltaico in Sardegna in relazione alla moratoria, aggiungendo che i giornali non mettono abbastanza in discussione le incoerenze di politici che, da una parte sembrano promuovere politicamente la transizione energetica, e, dall’altra, la rallentano con misure normative.

“Vedo la Regione che si protegge senza visione strategica del contesto e del futuro, colpevolizzando gli operatori del settore e mettendo tutti nello stesso calderone. Su questo aspetto i media stanno addirittura stravolgendo la realtà discostando l’attenzione su come attualmente l’energia viene prodotta in Sardegna, e omettendo tutte le problematiche legate alla salute derivanti da una parentesi industriale che ha realmente e chimicamente compromesso il suolo e le falde acquifere di estensioni enormi come la Nurra e il Sulcis Iglesiente”, ha detto a pv magazine Italia Francesco Vaccargiu, ingegnere ambientale di Greenergy.

Questo sta mettendo in discussione obiettivi energetici e climatici, tanto in Sardegna quanto nel resto del Paese, anche se molti tecnici e amministrativi sardi sembrano capire le complessità di tematiche ambientali ed energetiche.

“Mi dispiace davvero tanto della situazione attuale e della tanta disinformazione che c’è in giro. Ho lavorato presso il Servizio di Energia ed Economia Verde della Regione per circa 2 anni. So che tutti i tecnici e gli amministrativi hanno molto a cuore le rinnovabili e lavorano con passione e con professionalità. Nel 2021 la Sardegna è stata la regione che ha rilasciato più autorizzazioni in tutto. Anche il record dell’Autorizzazione Unica (AU) più veloce a livello nazionale, meno di 120 giorni è della Regione Sardegna. Purtroppo, come è stato evidenziato nell’evento di settimana scorsa, in Italia siamo riusciti a politicizzare anche il settore dell’energia e le conseguenze le stiamo vedendo”, Oltis Dallto, agriPV Manager di Juwi Italy, ha detto a pv magazine Italia.

La moratoria sarda sulle energie rinnovabili, oltre ad essere discutibile da un punto di vista legale, invia un messaggio duro per lo sviluppo delle energie rinnovabili in Sardegna, dice Maurizio Pitzolu, regional manager per la Sardegna di RP Global.

“Ciò che sorprende di più è l’ambivalenza del messaggio della Regione che, se da un lato blocca, diciamo pure sorprendentemente, le realizzazioni degli impianti autorizzati, dall’altro annuncia la volontà di andare avanti con la transizione energetica per i sardi, con i sardi e dei sardi,” Pitzolu ha detto a pv magazine.

Pitzolu sottolinea che molti esperti del settore lavorano per aziende energetiche internazionali, dalla Sardegna. Il regional manager di RP Global aggiunge poi che le aziende internazionali pagano non solo salari diretti, ma contribuiscono ai redditi di diverse fasce della popolazione, dagli elettricisti agli avvocati.

Tetto di 10 MW

Un argomento che lascia perplessi gli operatori è la dimensione massima degli impianti – 10 MW.

“Non si capisce assolutamente il senso di tale scelta quando a livello nazionale abbiamo norme che evitano la procedura ambientale di impianti fino a 20 MW i quali sono collocati in aree idonee. Gli stessi possono richiedere anche la Procedura Autorizzativa Semplificata (PAS) quindi hanno, come più volte ribadito in diverse sentenze, una “corsia preferenziale” per le autorizzazioni”, ha detto Dallto.

La PAS sarà però disponibile solo per aziende operative a partire dal 2018 con sede operativa in Sardegna e condotte da titolari aventi la qualifica di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali.

Limitare i contingenti di potenza a 10 MW, dicono gli esperti, parcellizzerebbe molto gli agrivoltaici che, per essere efficienti anche da un punto di vista agricolo hanno bisogno di un effetto scala. Gli impianti di questa taglia risultano spesso antieconomici a causa dei costi autorizzativi e di progettazione che non vanno in proporzione ai MW, ricordano gli esperti locali.

“Pur apprezzando lo sforzo del legislatore per cercare di mettere una pezza a una moratoria davvero scoraggiante, riteniamo che questo emendamento non sia sufficiente a dare una risposta alle tante difficoltà che l’agricoltura della Sardegna sta vivendo attualmente e che nell’agrivoltaico (quello ben fatto) potrebbe trovare un utilissimo alleato per fronteggiare le innumerevoli sfide dovute alla crisi climatica”, ha detto l’ingegnere di RP Global.

Moratoria, forza lavoro in Sardegna e ruolo degli agricoltori

Pitzolu dice poi che, limitare queste opportunità alle sole aziende sarde, potrebbe diminuire il numero degli impiegati, anche in agricoltura.

“L’agrivoltaico è la tecnologia delle rinnovabili che crea maggiori opportunità di lavoro: si stimano infatti 20 posti di lavoro (tra diretti e indiretti) per ogni milione di euro investito, di cui una gran parte sarebbe destinata alla gestione della componente agricola nel caso di agrivoltaico. Gli agrivoltaici in Sardegna, infatti, possono essere un volano per la creazione di nuovi posti di lavoro grazie al fatto che la maggior parte dei terreni sardi sono scarsamente produttivi e con l’arrivo degli investimenti delle aziende energetiche si potrebbero portare avanti attività di miglioramento fondiario atte a riportare i terreni a uno stato di produzione virtuoso”, ha detto Pitzolu.

Ha poi aggiunto che, limitare l’età delle aziende a quelle precedenti al 2018, va a discapito dei giovani che, se avessero creato la loro startup innovativa nel mondo dell’agricoltura dopo il 2018 non potrebbero realizzare un impianto agrivoltaico.

“Tante perplessità derivano anche dalla questione del soggetto proponente. Il PNRR stesso ammette le associazioni temporanee di imprese ATI che includono almeno un agricoltore. Sappiamo bene che per costruire grandi impianti ci vogliono tanti soldi e un investitore solido. Sono curioso qualche banca presterà milioni di euro a un agricoltore sardo, il cui reddito non supera alcune migliaia di euro/ha, per investirli in tali sistemi. Come ha detto di recente l’agronomo esperto Aurelio Cupelli, l’agricoltura sarda, come del resto quella nazionale, è in ginocchio. Gli agricoltori non hanno la certezza economica di poter finanziare la semina dell’anno prossimo, figuriamoci di costruire impianti del genere”, ha confermato Dallo.

All’estero, ma anche nel resto d’Italia, stanno nascendo aziende che hanno il know-how per costruire e condurre l’agri-PV, hanno la capacità di investire, comprare o affittare terreni abbandonati o poco produttivi. Secondo Dallto, le nuove aziende possono assumere giovani agricoltori sardi, i quali a loro volta possono “imparare il mestiere” e diventare gli “agrivoltori” del futuro.

“Questo significa chiudere la porta agli investimenti anche a quelli “giusti”, avere una visione distorta del futuro, rinunciando a importanti benefici sociali e occupazionali”, ha detto Dallto.

Motivazione della moratoria

Gli esperti però sottolineano come la moratoria non sia dovuta solo alla presa di posizione della Regione. Manca infatti anche un meccanismo di scambio e di confronto tra diverse istituzioni.

“In Sardegna é stato necessario prendere tempo perché con la mole di progetti presentati era opportuno riorganizzarsi e comprendere come poter fare le opportune verifiche su ciò che veniva presentato al MASE senza nemmeno avere un preliminare confronto con le amministrazioni del territorio,” ha detto Vaccargiu.

L’ingegnere ambientale si chiede poi con quale criterio vengano valutati i progetti. A differenza di Dallto, sembra meno ottimistico sulle capacità tecniche degli impiegati amministrativi.

“Mi chiedo se il personale amministrativo abbia la formazione e gli aggiornamenti adeguati per poter cogliere le potenzialità e i rischi effettivi collegati ad ogni progetto. Mi chiedo spesso se il PNRR avesse previsto l’ingresso parallelo di personale negli enti con il compito di “fare le pulci” ad ogni progetto nell’ottica di collocarlo nella maniera corretta nel territorio e con questo spirito raggiungere un risultato comune che ponesse realmente il progetto nelle condizioni di sviluppare le potenzialità tecniche e agronomiche di un territorio. Di tutto questo vedo poco negli aggiornamenti normativi”, ha aggiunto Vaccargiu.

Agrivoltaico: quale tipo?

L’innalzamento a 2.1 m dei pannelli rispetto agli 1.3 m degli impianti agrivoltaici di tipo zootecnico porterebbe, dicono gli esperti, a un incremento dei costi dell’impianto. Gli esperti però non reputano l’innalzamento necessario.

“Soprattutto per la Sardegna, infatti, dove la coltivazione di foraggi bassi o allevamenti veri e propri possono essere un’ottima fonte di reddito per i pastori sardi, un’altezza di 1.3 m sarebbe più che sufficiente per mettere insieme le due produzioni. E comunque riteniamo che l’altezza minima dei pannelli vada decisa da un piano agronomico accurato e non da un decreto – così peraltro recitano anche le Linee Guida sull’agrivoltaico del MASE”, ha detto Pitzolu.

L’ingegnere sardo aggiunge poi un suo calcolo.

“Se si pensasse di voler raggiungere il target di 6 GW da rinnovabili per la Sardegna al 2030 con il solo agrivoltaico, si stima che sarebbero sufficienti 8/10 mila ettari di terra, una quantità irrisoria rispetto alle superfici agricole disponibili di 1,2 milioni di ettari (meno dell’1%)”, ha detto Pitzolu.

Secondo Dallto, la complessità del tema richiede che tecnicismi, parametri e tecnologie debbano essere delegati ai professionisti, al mercato e alle associazioni di categoria.

“Alle pecore non interessa la distanza tra le file, la producibilità elettrica o l’altezza minima dei moduli da terra. Esse vedono che sotto i pannelli l’erba cresce comunque, quindi non vedono una “perdita di suolo agricolo”. Anzi, l’ombra che i pannelli stessi forniscono è molto gradita, le protegge dall’eccessiva radiazione solare che abbiamo a queste latitudini. Studi importanti lo confermano, basta informarsi,” conclude l’agriPV Manager di Juwi Italy, aggiungendo che un riferimento può essere trovato nell’American Solar Grazing Association (ASGA).

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