Nel 2022 sono stati autorizzati impianti a energie rinnovabili pari a 5 GW, il doppio di quelli autorizzati nel 2021 e quasi dieci volte rispetto al 2020, secondo alcuni dati della società di consulenza Elemens.
“Senza contare le PAS, siamo arrivati a 4.3 GW. L’anno prima, senza contare le PAS eravamo a 2.4 GW. Si tratta di un aumento legato dunque a procedimenti che non hanno goduto delle semplificazioni autorizzative, su cui i dati attuali non consentono ancora di valutare l’eventuale impatto. Difficile fare previsioni, ma ci aspettiamo che il trend positivo continui anche nel 2023” Tommaso Barbetti, founding partner di Elemens, ha detto a pv magazine.
Questa accelerazione dovrebbe avvenire nonostante l’aumento dei costi di ingegneria, approvvigionamento dei componenti e costruzione che il consulente e analista stima a oltre il 20%.
“Un impianto che deve entrare in esercizio nel 2023 ha pagato tra il 20 e il 30% in più rispetto a prima della pandemia. Questo per un forte incremento del costo dei pannelli che, in una certa fase, sono arrivati anche oltre a 300.000 euro al MW. Sono poi aumentate le strutture in acciaio, sia fisse, sia a inseguimento, con queste ultime che ormai rappresentano la maggioranza dei progetti,” spiega il founding partner di Elemens.
Un riferimento per il 2023: l’investimento dell’EPC è intorno a 800.0000 euro, mentre prima della pandemia alcuni sviluppatori hanno riportato costi di 600.000 euro.
Il trend dovrebbe però invertirsi nei prossimi mesi per poi tornare ai livelli pre-pandemia entro il 2026.
“Per il 2024 c’è un outlook positivo. Chi sta iniziando a contrattare ora per realizzare progetti nel 2024 e oltre, soprattutto per la parte moduli, dichiara costi inferiori rispetto a quelli di un anno fa. I principali operatori sul solare italiano, con i quali ho avuto occasioni di confortarmi, parlano di 240.000-250.000 euro al MW per i pannelli. L’auspicio è che, nonostante le incertezze globali e geopolitiche che rendono estremamente difficile fare previsioni, potremmo tornare ai livelli pre-Covid in un paio d’anni,” spiega Barbetti.
La crisi della logistica ha rallentato alcuni cantieri, con cui pezzi che non si trovavano, come i trasformatori alta/media. Il problema dell’incremento dei costi ha poi portato tanti ad aspettare la finestra di fornitura giusta, comportando anche alcuni ritardi che il consulente stima in oltre 6 mesi.
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