In Veneto Europa Verde propone Comunità Energetica e 1,38 MW di fotovoltaico in rotonda

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Un impianto fotovoltaico di 4.600 pannelli fotovoltaici e 1,38 MW di potenza, installato nella rotonda di Arzignano, un terreno di circa 18.000 mq vicino alla zona industriale, garantirebbe il fabbisogno di almeno 236 famiglie autosufficienti energeticamente e darebbe il via alla nascita di una Comunità Energetica. È questo il calcolo realizzato da Europa Verde Valchiampo e la relativa proposta politica avanzata di recente.

“La nostra è una proposta politica con la riflessione che molte aree, un tempo agricole, sono state inglobate nell’espansione urbanistica delle città pur non trovando una destinazione d’uso. Il caso che abbiamo portato è quello di una grande area all’interno di un’infrastruttura viaria, più semplicemente lo spazio interno di una rotonda molto grande”, il co-portavoce regionale di Europa Verde – Verdi del Veneto ha spiegato.

“Certo che parliamo di un’area privata, ma qualche anno fa abbiamo sentito dell’ipotesi di un progetto di Grande Distribuzione, un supermercato dentro la rotonda. Un progetto di cui non auspichiamo la realizzazione perché aggraverebbe solo la circolazione, la sicurezza viaria e la cementificazione, e di cui non abbiamo comunque bisogno, tanti ce ne sono in zona”.

Per approfondire il tema, pv magazine Italia ha intervistato il portavoce Bruttomesso che ha sottolineato l’importanza di una posizione politica. “Come federazione politica abbiamo al nostro interno iscritti che provengono da aziende che progettano impianti fotovoltaici, a terra o sugli edifici, che guidano la parte tecnica nelle nostre proposte. Noi non vogliamo sostituirci alle aziende progettiste, anzi, ma io credo che una proposta che provenga dalla politica debba essere in parte tecnica per indicare il potenziale dell’idea”.

pv magazine: Come siete arrivati alla stima del potenziale installabile di 1,38 MW?
Non abbiamo stilato un documento pubblicabile per una proposta così piccola. La stima dei nostri tecnici è cautelativa, soprattutto se pensiamo che per la creazione di una Comunità Energetica l’impianto non può superare 1 MW. Abbiamo comunque calcolato moduli 1 x 1,66 metri su due file con il lato corto verso il suolo, inclinazione 30° e 7 metri di passo tra le file. Per la producibilità, con calcoli a ribasso, 300 W a modulo. I miei tecnici mi riferiscono che il potenziale è più alto, ad esempio potrebbero starci 200 moduli in più e che la potenza del singolo modulo dovrebbe aggirarsi sui 330W.

Ci sono difficoltà per la reale fattibilità?
No, se non la volontà dei proprietari (per un impianto privato o come prosumer in una CER) e quella della costituzione di una realtà locale che pensi ad una Comunità Energetica realizzata dai cittadini.

Quali passi state facendo in questa direzione?
A breve organizzeremo un incontro territoriale per promuovere le comunità energetiche, abbiamo inviato all’amministrazione locale il comunicato oltre ad essere in contatto. Inoltre, il beneficio coinvolge anche imprenditori: la rotonda è stata costruita per la viabilità dell’area industriale e parliamo del polo della Concia. Occorre far sapere che cittadini, amministrazione e imprenditori possono essere prosumer insieme.

Quali sono altri potenziali della zona?
Nella zona, un fondovalle pedemontano, ad oggi non sono presenti impianti a terra. Le aree fin da subito disponibili e molto presenti nell’area sono ex-discariche, ex cave, parcheggi pubblici e della GDO. Sulle prime, l’ente gestore idrico locale ha pianificato in una discarica l’installazione di un impianto da 2,3 MW, su cui sono intervenuto per sensibilizzare e spingere a progettare anche sulle altre discariche. Oltre alla realtà locale, in tutto il Veneto esistono molte cave, discariche, grandi impianti produttivi dismessi e grandi parcheggi delle GDO, potenzialmente potenziali.

A che punto siamo con la creazione di comunità energetiche in Veneto?
Siamo ancora in un momento di informazione e promozione. Certo, stanno partendo i primi progetti, ma per accelerare la nascita delle CER servirebbe che la politica spingesse in due direzioni. La prima è destinare fondi per gli studi di fattibilità, vero fulcro per decretare l’avvio di un’idea di CER. Inoltre, è auspicabile che tutte le amministrazioni pubbliche realizzassero nei propri territori gli studi territoriali per mettere a disposizione tetti e terreni pubblici: se cittadini o imprenditori, o le stesse amministrazioni, conoscessero le aree utilizzabili per installare un impianto rinnovabile per creare una CER, si agevolerebbe la progettazione. Le comunità che stanno pensando di costituire una CER, ad esempio a Vicenza o Padova, non sanno dove potrebbero pianificare l’installazione di un FV. Ecco quindi che, se in ogni comune ci fosse uno studio sulle aree disponibili, potremmo accelerare il processo di nascita di CER. Dal prossimo anno comunque dovremmo vedere moltiplicarsi i progetti in Regione Veneto.

 

 

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