Il Comune di Monsummano Terme, in provincia di Pistoia, ha chiesto alla Regione Toscana e al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica il contributo istruttorio a seguito di richiesta di parere regionale per il progetto di un impianto agrivoltaico a terra che occuperebbe un’area pari a 73,9 ettari.
L’obiettivo di RNE6 è la produzione di energia elettrica grazie ad una potenza complessiva del generatore pari a circa 60 MW e annesso sistema di accumulo da 10 MW nel Comune di Monsummano Terme.
Le aree di collocazione dell’impianto si trovano nelle vicinanze del Padule di Fucecchio e per questo motivo si è mossa, inviando le sue osservazioni al Ministero dell’Ambiente, l’associazione Amici del Padule di Fucecchio per la Biodiversità.
“Riteniamo strettamente collegati la perdita di biodiversità ed il cambiamento climatico e consideriamo il combinato di questi due complessi fenomeni la più grave minaccia per l’umanità e le altre specie che popolano questo pianeta. Pertanto siamo favorevoli a soluzioni di decrescita energetica e ad un crescente ricorso a fonti energetiche rinnovabili, nell’ottica di operare una riduzione/sostituzione/efficientamento energetico. In quest’ottica riteniamo che l’installazione di impianti per la produzione dell’energia non debba determinare perdita di habitat importanti e che pertanto debbano essere privilegiate allo scopo le aree già compromesse da insediamenti industriali o dove si sia già determinato un consumo di suolo e/o una trasformazione degli ecosostemi, nonchè le aree che già dispongono delle infrastrutture necessarie alla realizzazione e gestione dell’impianto e al trasferimento dell’energia”, ha scritto l’Associazione.
Gli attivisti hanno sottolineato che le dimensioni del nuovo impianto agrivoltaico sarebbero sono molto grandi per la localizzazione prescelta e che sarebbe preferibile frazionare impianti così grandi, alternando elementi naturali e coltivazioni. Quindi, dato che gli impatti sul sito Padule di Fucecchio sono contenuti, hanno dato il loro “via libera” a condizione che “sia ridotta la superficie complessiva di almeno il 20%, destinando la parte scorporata ad ulteriori opere di mitigazione ambientale e paesaggistica”.
L’associazione auspica la creazione di un corridoio ecologico tra le parti di impianto, con siepi, filari arborei e fasce di prato stabile, e che sia valutata la possibilità di ridurre la quantità di energia accumulata in loco e, conseguentemente, il numero di batterie e il numero di stazioni fisse che dovrebbero ospitare gli accumulatori.
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