Un team di ricerca italo-svedese ha studiato l’impatto dell’ombreggiamento creato a livello del suolo da diverse configurazioni di impianti agrivoltaici che, secondo gli scienziati, è necessario per una stima accurata della resa delle colture.
I ricercatorianno osservato che le ricerche precedenti si sono interessate soprattutto a valutare l’impatto dell’ombreggiamento sulla produzione di moduli solari o sulla distribuzione dell’irraggiamento orizzontale globale (GHI), mentre il loro studio mira soprattutto ad analizzare gli effetti dell’ombreggiamento sulla radiazione fotosinteticamente attiva (PAR) e sulla resa delle colture.
“Il modello sviluppato può essere utilizzato come punto di partenza per stimare con precisione la resa delle colture in qualsiasi luogo, in base ai più comuni progetti di impianti agrivoltaici”, hanno spiegato. “Considera la parte agricola dei sistemi agrivoltaici e può essere integrato con i modelli di potenza fotovoltaica esistenti per analizzare la resa delle colture e la produzione di energia”.
Tramite il software Matlab, gli scienziati hanno creato un modello che considera tre diverse configurazioni di impianti fotovoltaici: con strutture fisse, con inseguitori a singolo asse e con sistemi a doppio asse. Hanno poi utilizzato i software PVsyst e SketchUp per convalidare i fattori di ombreggiamento del modello proposto, sostenendo che entrambi gli strumenti da soli non sono in grado di calcolare i fattori di ombreggiamento diffuso e a fascio sul terreno.
Il gruppo ha testato il modello in tre diversi siti in Europa: Lanna in Svezia, Estrees-Mons in Francia e Klingenberg in Germania. Il modello ha calcolato il PAR scomponendolo nelle sue componenti diffuse e dirette. “Questa scomposizione della PAR è fondamentale nei sistemi AV a causa delle ombreggiature variabili causate dai pannelli sulle colture, che creano una distribuzione PAR/diffusa non omogenea durante il giorno”, si spiega.
I test hanno dimostrato che il modello proposto presenta “un’elevata precisione” rispetto a PVsyst e SketchUp. “L’omogeneità della luce e la riduzione del PAR possono variare significativamente a seconda delle configurazioni del sistema AV, rispettivamente dall’86% al 95% e dall’11% al 22%. Il sistema AV a due assi ha mostrato la più alta omogeneità luminosa e la più bassa riduzione annuale di PAR a Lanna. L’indice di omogeneità della luce era del 95,15% e la riduzione annuale del PAR dell’11,01%”.
I ricercatori hanno sottolineato che il modello potrebbe essere facilmente adattato ad altri tipi di layout di impianti fotovoltaici.
I risultati sono descritti nello studio “Direct and diffuse shading factors modelling for the most representative agrivoltaic system layouts”, pubblicato su Applied Energy. Il team comprende accademici dell’Università Mälardalen in Svezia e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Italia.
Altri ricercatori dell’Università di Mälardalen hanno recentemente studiato come ottimizzare i rendimenti elettrici degli impianti agrivoltaici con moduli fotovoltaici bifacciali montati verticalmente. Hanno sviluppato un modello di ottimizzazione tecno-economica che, a quanto pare, delinea i parametri ideali per la progettazione di un impianto fotovoltaico verticale, combinando i dati climatologici con quelli relativi alla produzione di energia solare prevista, alla distribuzione dell’ombreggiatura, all’acqua per l’irrigazione e alla resa agricola.
Altri scienziati dell’Università Cattolica del Sacro Cuore hanno recentemente studiato diversi trattamenti di profondità dell’ombra sulla soia coltivata sotto un sistema agrivoltaico sopraelevato a Monticelli d’Ongina, in Italia.
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