Un team di ricercatori del Politecnico di Milano ha elaborato una metodologia per valutare il potenziale impatto delle comunità energetiche (CE) sulle reti di distribuzione in media tensione, dimostrando che il modo migliore per valorizzare le potenzialità di tale strumento, minimizzandone l’impatto in rete, è quello di favorire il più possibile l’autoconsumo energetico, intervenendo anche in fase di progettazione per il corretto dimensionamento degli apparati.
Per tenere conto delle diverse configurazioni e scenari delle CE, i tre ricercatori hanno sviluppato un approccio stocastico, basato su una simulazione Monte Carlo che genera una serie di configurazioni di CE, variando la dimensione e il numero di nuovi generatori, le fonti energetiche primarie nel mix di generazione e i punti di accoppiamento comune. Il punto di accoppiamento comune, point of common coupling in inglese, è il punto dove l’utente è collegato alla rete elettrica.
La metodologia proposta è stata applicata a due casi studio basati su reti reali in media tensione. La prima è relativa a un’area urbana con un’elevata domanda di energia ma una limitata capacità di generazione, mentre la seconda è la rete in media tensione di un’area montuosa, scarsamente popolata con una bassa domanda di energia e un’abbondante produzione di energia rinnovabile.
“I risultati dimostrano che la promozione dell’accoppiamento tra carichi e generatori è un fattore chiave per garantire la conformità della rete (cioè per minimizzare l’impatto della rete) nello sviluppo delle CE”.
Due gli approcci per l’analisi. Nella Strategia 1 la produzione annua di energia è uguale al consumo della CE (ottenendo un bilancio energetico pari a zero), mentre la Strategia 2 minimizza lo scambio di energia tra la CE e la rete esterna per ogni singolo istante. In quest’ultimo approccio, l’obiettivo è massimizzare l’autoconsumo di energia all’interno della CE.
L’impatto della CE è valutato adottando tre indicatori: perdite di rete, tensioni e impegno termico delle linee.
“Le simulazioni effettuate hanno dimostrato chiaramente che l’impatto delle CE sulla rete non è un problema secondario. In particolare, la rete potrebbe subire un aumento delle perdite, un peggioramento del profilo di tensione e un aumento del carico delle linee. Quest’ultimo problema risulta essere il più critico, motivando una corretta modellazione della rete di distribuzione”, hanno detto i tre ricercatori nel paper “Impact of energy communities on the distribution network: An Italian case study“, pubblicato da Sustainable Energy, Grids and Networks.
Per ridurre al minimo l’impatto della CE sulla rete, i risultati hanno indicato che i criteri di autoconsumo (Strategia 2) dovrebbero essere un obiettivo primario nella progettazione della CE.
“Di conseguenza, ciò suggerisce che la massimizzazione dell’autoconsumo dovrebbe essere considerata un requisito obbligatorio nei quadri normativi che propongono incentivi”.
I ricercatori hanno aggiunto che le soluzioni di accumulo di energia sono risultate solo parzialmente efficaci, con una grande capacità di accumulo di energia necessaria per gestire una rete di distribuzione reale.
Hanno chiarito che ogni rete potrebbe avere un andamento diversificato, ma che il confronto ha suggerito che la distribuzione dei generatori delle comunità energetiche ha un minore impatto sulla rete nelle aree urbane.
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