Il problema nel mondo dell’energia è che persistono rumori di sottofondo di player stabiliti che muovono il mercato, ma che non promuovono un cambiamento, prima di tutto culturale. Manca l’attenzione a nuove generazioni di professionisti, a nuove sensibilità e nuove esigenze.
Parlando con il mondo dell’agrivoltaico è chiaro che i progetti agriPV saranno per lo più progetti di nuove generazioni di imprenditori agricoli, che sanno usare la tecnologia e che forse potrebbero diventare agricoltori proprio per questo. Questo il messaggio di recenti conferenze in Francia e Germania.
Ampliando l’analisi e inquadrando il più ampio mondo del fotovoltaico, gli sviluppi sono estremamente interessanti per le nuove generazioni per diversi motivi. Sebbene sia da prevedere un impatto sui livelli occupazionali per via di snellimenti dovuti a sviluppi tecnologici, come ad esempio software che automatizzano la progettazione di impianti fotovoltaici, è imperativo capire che altri lavori saranno creati. Alcuni anche difficile da prevedere, almeno al momento.
Quindi competenze tecnologicamente complesse saranno necessarie. E dovranno essere gestite da nuove generazioni, meno contrarie al cambiamento e più aperte alle innovazioni di prodotto, ma anche ai cambiamenti di modello commerciale.
Il mondo digitale in generale richiede più conoscenza del mondo dell’energia, anche “esternamente”. Si ricordi per esempio che il settore Information and Communications Technology è quello che firma più PPA. Quindi molti esperti digitali hanno un interesse nel mondo dell’energia, rendendo i due settori sempre più interconnessi.
Nuove competenze sono necessarie e nuovi posti di lavoro devono essere creati, sostenuti e mantenuti. Come dimostrato dal KeyEnergy di Rimini dell’anno scorso, i giovani sono interessati. Ma questa è solo una condizione per la creazione di posti di lavoro. Manca anche la volontà di investire in questo senso. Il mio punto di vista assolutamente personale: non bisogna dare ai giovani una possibilità, bisogna investire in loro; che è diverso. I lavori devono essere creati e sostenuti, ma anche mantenuti e resi sostenibili.
Concorrenza internazionale
Da un punto di vista pragmatico, la maggiore propensione alle lingue delle nuove generazioni (a differenza di generazioni che vanno alle conferenze internazionali senza parlare neanche l’inglese) permetterà loro di cercare lavoro ovunque. Non solo in Italia.
Indi: la manodopera in questo momento è quantomeno continentale e le competenze devono essere retribuite su “livelli europei”. Questa una condizione per il mantenimento e lo sviluppo dei posti di lavoro. I modelli di riferimento non mancano. I Paesi del Baltico, per esempio, stanno investendo in diversi sistemi e processi, soprattutto nella digitalizzazione. Stanno creando una nuova galassia, anni luce dal periodo sovietico.
La transizione energetica richiede poi un cambio di passo, più che altro a livello politico. Sembra che manchi un interesse per architettare una strategia industriale di lungo periodo, ma sembra mancare ancora di più l’interesse pubblico a sostenere l’innovazione, dando spazio all’universo di sviluppatori e scienziati che in Italia spesso ci nasce, ma dove non trova condizioni soddisfacenti. Non sono lavorative, ma anche sociali e culturali.
Le nuove generazioni sono più interconnesse. Personalmente recepisco in loro maggiori difficoltà ad accettare ogni forma di abuso, intromissione e tentativo di controllo. Quindi un approccio diverso è necessario anche sul posto di lavoro.
Per non menzionare gli altri protagonisti della transizione energetica: le utility, i produttori e i distributori di pannelli (nonostante recenti sviluppi che danno adito a legittimi dubbi sul futuro della produzione in Europa), di sistemi di montaggio e di inverter. Non bisogna infatti dimenticare che, accanto alla creazione di nuovi posti di lavoro, devono essere preservati e se possibile ancora una volta sostenuti posti di lavoro già esistenti.
Estendendo il pensiero a un contesto meno europeo e più globale, emerge poi che la transizione energetica è una possibilità, ma la competizione è tanta. Non è solo la Cina, ma anche e sempre di più l’India, trascinata da pochi ma solidi colossi, come Adani. Ci sono poi gli Stati Uniti che stanno presentando diversi sistemi di sostegno al settore fotovoltaico in patria e altri Paesi che magari non fanno notizia poi così spesso.
Ad aspettare e temporeggiare si sono perse delle opportunità. Si capisce facilmente perché questo temporeggiare: limiti in termini di conoscenza anche nella classe dirigenziale, smottamenti politici e geopolitici senza precedenti. Ma aspettare non porta da nessuna parte.
Segnali positivi: decarbonizzazione come politica industriale e associazionismo
Sembra che il governo lo stia capendo e sia pronto a puntare sulle rinnovabili. È sicuro poi l’interesse del settore finanziario europeo in Italia, soprattutto per quanto riguarda gli accumuli, come dimostrato di recente dal caso di Telis Energy. Aumentano e continuano a sviluppare la propria offerta commerciale anche i distributori di prodotti legati alla transizione energetica (eg Zeliatech). Le opportunità ci sono.
Le “vecchie” generazioni devono aiutare a stabilizzare un mondo traballante, evitando tensioni sociali che immancabilmente si fanno sentire come risposta alle difficoltà economiche delle parti meno abbienti della società (e quindi, spesso, i giovani), dovute a una serie di fattori, tra cui il prezzo dell’energia, le spirali inflazionistiche, ma anche la situazione salariale (soprattutto in Italia, soprattutto in alcune Regioni).
Stiamo però assistendo alla nascita e alla crescita di gruppi di lavoro, di associazioni, di gruppi di persone che collaborano per promuovere una maggiore inclusione e una maggiore voce del settore energetico e del connesso settore tecnologico. Stanno creando network, forum e opportunità di altro genere, anche per permettere un confronto generazionale e un dibattito onesto sulle disparità di genere.
Questo è un elemento positivo, non solo nel settore energetico, ma anche in quello agricolo, anche questo in difficoltà. Le campagne si stanno spopolando e questa tendenza a “fare sistema” può sicuramente essere considerata una risposta alle insicurezze. Quindi da aspettarsi che, nel caso di ulteriori tensioni geopolitiche, l’associazionismo avrà sempre più un ruolo centrale nei processi decisionali. Nelle campagne, come nel mondo dell’energia.
Insomma. Abbiamo bisogno di una staffetta generazionale e, ancora una volta, l’energia potrebbe essere una risposta. Il problema principale è comunque sempre il solito: l’irrilevanza politica delle nuove generazioni che, rappresentando meno voti, saranno marginalizzate. A questo punto i Baby Boomer e la Generazione X hanno l’obbligo di farsi voce dei Millenials, ma soprattutto dei Zoomers e della Generazione Alpha. Perché se non si capisce che tanti sistemi italiani (eg pensionistico) dipendono da loro, ogni decisione politica sarà un regalo alle vecchie generazioni, fino a quando i sistemi frolleranno, a scapito di tutti.
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