Barbara Paulangelo, Partner & Technical Director presso Reliable Energy Advisor (REA), e Celeste Mellone, avvocato di Green Horse Advisory, hanno spiegato a pv magazine Italia alcuni dettagli dei crediti d’imposta per la Transizione 5.0 inclusi nel nuovo decreto PNRR 2. Si tratta di investimenti in progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici. Viene riconosciuto un credito d’imposta proporzionale alla spesa sostenuta.
L’agevolazione è dedicata, tra l’altro, all’acquisto di “beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, escluse le biomasse, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta”, tra cui i moduli fotovoltaici prodotti negli Stati membri dell’UE con efficienza pari ad almeno il 21,5%. Lo spiega Mellone.
Paulangelo spiega poi i requisiti per i moduli. “Con riferimento specifico ad impianti fotovoltaici, saranno ammissibili esclusivamente gli impianti con: a. moduli fotovoltaici prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di modulo almeno pari al 21,5 %, b. moduli con celle, entrambi prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con efficienza a livello di cella del 23,5%, c. moduli composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem, entrambi prodotti nell’Unione europea con un’efficienza di cella almeno pari al 24%”, ha detto Paulangelo.
Gli investimenti in impianti che comprendano i moduli di cui alle lettere b.) e c.) concorrono a formare la base di calcolo del credito d’imposta per un importo pari, rispettivamente, al 120% e 140% del loro costo.
Mellone specifica poi i diversi crediti d’imposta a seconda dell’entità degli investimenti.
“Il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 35% del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, nella misura del 15% del costo, per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro e nella misura del 5% del costo, per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria”, ha detto Mellone.
La misura del credito d’imposta per ciascuna quota di investimento è rispettivamente aumentata: a) al 40%, 20% e 10%, nel caso di riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale superiore al 6% o, in alternativa, di riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento superiore al 10%, conseguita tramite gli investimenti ammessi; b) al 45%, 25% e 15%, nel caso di riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale superiore al 10% o, in alternativa, di riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento superiore al 15%, conseguita tramite gli investimenti ammessi.
“Tali misure sono pensate per impianti destinati all’autoconsumo, ma in linea di principio non sembra doversi necessariamente escludere che la quota prodotta in eccesso eventualmente immessa in rete possa essere compatibile con gli incentivi pubblici riconosciuti dal GSE nel rispetto delle limitazioni in tema di cumulabilità previste di volta in volta dai relativi decreti”, conclude Mellone.
Rispetto all’ultima versione del testo sembra essere stato eliminato solo il limite minimo di importo per i progetti. Paulangelo poi spiega che per investimenti si intendono anche quelle spese per la formazione del personale dipendente finalizzate all’acquisizione o al consolidamento di competenze nelle tecnologie per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi. Conclude poi contestualizzando la misura, definendone gli ambiti di applicazione che sembrano piuttosto ampi.
L’art. 38 specifica che i possibili beneficiari sono “le aziende residenti nel territorio nazionale, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell’impresa”.
Gli investimenti devono essere compiuti nel biennio 2024-2025. Il Piano prevede risorse pari a 6,3 miliardi di euro, che si aggiungono ai 6,4 miliardi già previsti dalla legge di bilancio, per un totale di circa 13 miliardi nel biennio.
Il Consiglio dei ministri ha approvato settimana scorsa il decreto-legge PNRR che introduce il piano “Transizione 5.0”. La misura prevede investimenti pari a 6,3 miliardi di euro in digitalizzazione e transizione energetica.
Una parte della comunità del fotovoltaico si è chiesta se e come la misura sia in relazione con il Net-Zero Industry Act (NZIA). I due sviluppi normativi non sono direttamente legati, ma semplicemente parte di un orientamento europeo generale, inteso a dare priorità alle produzioni UE.
Il NZIA non è ancora stato adottato. Al momento è stato soltanto raggiunto un accordo provvisorio in “trilogo”. Come primo passo verso l’adozione, il Consiglio a livello di Ambasciatori (Coreper) e il Parlamento europeo nella sua commissione competente hanno approvato l’accordo provvisorio. Dopo la prima presa di posizione positiva da parte del Consiglio, il 22 febbraio la Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo ha votato l’accordo politico preliminare di NZIA. Il testo sarà ora sottoposto al voto della plenaria del Parlamento. Successivamente, il Consiglio dovrà adottare formalmente il testo. Ci si aspetta che il NZIA entri in vigore prima della pausa estiva. Il NZIA è un regolamento quindi sarà direttamente applicabile.
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