Idrogeno fai-da-te: un piemontese imita il sistema respiratorio per aumentare l’efficienza dell’elettrolizzatore

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Due compagni di un istituto professionale di Pinerolo iniziano nel parcheggio della scuola la loro avventura decennale, che li porterà a lavorare a prototipi di elettrolizzatori fatti in casa, a procedere al retrofit di una macchina installando un sistema di iniezione ad idrogeno e di fare sperimenti che sarebbero potuti facilmente andare male.

Matteo Gilli è la mente del duo. Ha progettato nel 2022 un elettrolizzatore fai da te che, secondo lui, ha un approccio rivoluzionario, basandosi di fatto sul sistema respiratorio dei mammiferi. Ma, dato che non è ancora oggetto di brevetto, rimane prudente nella descrizione dei materiali usati e dell’architettura della cella.

Problema iniziale e prime risposte

Secondo Gilli, il fatto di aver costruito da zero ogni elemento del sistema gli ha dato un ampia visuale dei problemi, suggerendo anche possibili soluzioni. Il problema principale affrontato da Gilli all’inizio è stata la fluttuazione casuale e non lineare della tensione in ingresso.

Il flusso di ioni, attraverso cui scorre la corrente elettrica nel conduttore liquido, causa la dissociazione elettrochimica della molecola dell’acqua, ma anche l’evoluzione dei due gas che normalmente formano bolle nel compartimento anodo/catodo. E questo è uno dei problemi principali, perché all’interno della bolla non può esserci acqua e dove non c’è acqua non possono passare gli ioni.

“La fluttuazione di tensione dovuta all’aumento della resistenza ionica con conseguente crollo di rendimento è causa diretta della formazione delle bolle durante il processo di produzione dei gas”, ha concluso Gilli, ponendosi a questo punto la questione di come estrapolare un gas da un liquido senza formare bolle.

Nel maggio del 2022, dopo non poche difficoltà, ha ultimato un secondo prototipo di elettrolizzatore.

“I problemi riscontrati negli anni precedenti erano stati risolti. Il crossover dei gas (miscelazione idrogeno/ ossigeno) è un potenziale problema di sicurezza poiché un flusso di idrogeno contenente >4,6% di ossigeno, o un flusso di ossigeno con >3,8% di idrogeno, costituisce una miscela esplosiva. I dati raccolti durante i test dell’elettrolizzatore hanno confermato un crossover dei gas praticamente nullo (purezza idrogeno 99,99%)”, dice Gilli.

L’elettrolizzatore che respira?

Gilli ha pensato alla respirazione dei mammiferi, usandola come ispirazione per schemi di scambio gassoso a due vie: durante la respirazione, l’aria viene inalata attraverso i bronchioli e diretta agli alveoli dove avviene lo scambio di gas tra il flusso sanguigno e i polmoni. Simile lo scopo dell’elettrolizzatore a cui Gilli ha lavorato per una decina d’anni.

“Una membrana alveolare formata da diversi strati cellulari epiteliali sottili pochi micron consente la diffusione bidirezionale del gas dentro e fuori il flusso sanguigno rimanendo impenetrabile al liquido. Invece di essere semplicemente uno strato di diffusione del gas convenzionale la superficie interna degli alveoli è ricoperta da uno strato di molecole di tipo lecitina per ridurre la tensione superficiale all’interfaccia del gas mentre la superficie della membrana esterna rimane idrofila per entrare in stretto contatto con il flusso sanguigno”, ha detto Gilli.

Prova dell’elettrodo senza bolle. L’elettrodo è stato tenuto sigillato all’interno di due lastre di metacrilato trasparente per vedere il gas evoluto ad occhio nudo.

Immagine: Matteo Gilli

Nel suo elettrolizzatore, Gilli ha costruito un elettrodo che imita il sistema respiratorio dei mammiferi, realizzando una “giunzione” anodo-catodo sottile pochi micron. Questa, affiancata a degli elettrodi porosi GDL (gas diffusion Layer) con idrofilia e idrofobicità assimetrica “è in grado di evolvere i gas direttamente verso la fase gassosa senza formazione di bolle”.

La struttura porosa ideata da Gilli ha pori con un diametro medio di 6 micron.

“Ho valutato questa struttura idonea per ospitare nelle cavità i due catalizzatori per accelerare l’evoluzione dei gas, in particolare nel compartimento Oxigen evolution reaction (OER) dove la semi-reazione avviene in reazioni multifase con trasferimento di un singolo elettrone ad ogni fase”.

Gilli racconta che l’accumulo di energia in ogni fase innesca lentezza (circa 4 volte superiore rispetto all’evoluzione dell idrogeno) nella cinetica OER, culminando in un grande sovrapotenziale (2H2O –> O2 +4H+4e- E = + 1.23 V ).

“È stato necessario sviluppare un elettrocatalizzatore OER altamente attivo per superare la barriera energetica, gli attuali elettrocatalizzatori OER a base di carbonio tendono ad ossidarsi per un grande sovrapotenziale che di fatto rimane una grande sfida in questo campo”.

Materiali e efficienza

Gilli ha sviluppato un nanocatalizzatore per l’elettrolisi dell’acqua. L’elettrodeposizione di metalli impiega generalmente diversi additivi per evitare la formazione di sottoprodotti indesiderati come ossidi e idrossidi.

“Sebbene la deposizione di metalli sia ancora l’obiettivo principale nella maggior parte dei metalli galvanici, l’applicabilità di questi sottoprodotti potrebbe essere un campo interessante che non è stato esplorato sufficientemente nel dettaglio”, ha detto Gilli.

La galvanica è un processo di applicazione di rivestimenti metallici sottili e durevoli sulla superficie di vari oggetti.

“I primi test sulla cella elettrolitica sono stati effettuati impiegando come catalizzatore per l’evoluzione dell’ossigeno sottoprodotti formati durante l’elettrodeposizione di alcuni metalli. I materiali sintetizzati sono compositi di tre componenti su cui la variazione locale del pH e la presenza di cloruro inducono la formazione di una lega granulare con struttura a doppio idrossido stratificato”, ha detto Gilli.

Gilli ha trattato il comparto catodico su cui avviene l’evoluzione dell’idrogeno con un catalizzatore platino/carbonio. Ha testato la cella cosi configurata a diversi valori di tensione e temperatura.

“Si è ottenuto un valore di tensione di 1,48 volt con densità di corrente di 0,28 A su centimetro quadrato che equivale ad un 99% di rendimento energetico. Al netto dell’energia necessaria per comprimerlo questa cella dimostra di poter produrre un kg di idrogeno con poco più di 39,4 kW/h,” ha detto Gilli, aggiungendo di avere ancora molto lavoro da svolgere.

Gilli spiega che, per essere commercialmente valida, una cella dovrebbe poter arrivare almeno a 0,5 A su cm quadrato.

La storia di un’amicizia particolare

Gilli non ha lavorato da solo. La sua storia è infatti iniziata alle superiori, con diversi amici.

“Tra ragazzi ci consigliavamo e parlavamo di elaborazioni per far andare più forte i nostri cinquantini”, racconta Gilli, riferendosi alla sua amicizia con i suoi compagni di superiori, tra cui anche Alex Drutu, suo supporto logistico da quando si sono conosciuti nel 2012.

Dieci anni più tardi, per esempio, Drutu aiutò Gilli a testare una nuova membrana che serviva a separare i gas.

“Non avevo la possibilità di misurare il crossover dei gas con un cromatografia e riempire un serbatoio senza quel dato era una follia. Presi delle bolle di sapone e le riempii di idrogeno. Provai ad accenderle con un accendino, ma non sentii alcun scoppio: presumibilmente in quel campione non era presente alcuna miscelazione idrogeno/ossigeno”, racconta Gilli.

I due riempirono una camera d’aria con circa 40 litri di gas e la collegarono ad un elettroiniettore. “Avevo il timore che quel giorno saremmo saltati in aria”. Mentre Gilli alimentava l’elettroiniettore, Drutu accese la fiamma. I due, passata la paura, guardarono poi la fiamma a idrogeno “con lo stesso colore del sole”.

Gilli ha realizzato il suo primo elettrizzatole nel 2014, all’età di 22 anni. Ci sono poi voluti altri 8 anni per risolvere alcuni dei problemi riscontrati inizialmente. Drutu ha supportato l’amico, aiutandolo a realizzare il secondo prototipo e a usare l’idrogeno prodotto per far funzionare una macchina di un terzo amico.

Nel luglio 2022, dopo aver modificato il sistema di iniezione di una Fiat Punto 1100cc, in modo che potesse funzionare con il nuovo carburante, ha fatto un giro su strada di 3 km assieme al proprietario della macchina. “Questo senza avere problemi”. Ora il duo, supportato dal gruppo di amici, sta cercando di sviluppare l’elettrolizzatore e, eventualmente, di commercializzarlo.

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