Esistono alcuni svantaggi associati ai sistemi fotovoltaici tradizionali in silicio a causa del loro aspetto poco attraente, della loro rigidità e peso e delle loro prestazioni fotovoltaiche limitate in condizioni di bassa luminosità.
Le DSSC (celle solari sensibilizzate da coloranti) sono considerate particolarmente adatte per l’impiego in ambienti non tradizionali, grazie alla loro composizione e al peculiare meccanismo di generazione di elettricità. Di conseguenza, le DSSC sono caratterizzate da un processo di fabbricazione semplice, dall’abbondanza e dal basso costo dei materiali impiegati e dal basso impatto ambientale. Grazie alla loro struttura, presentano diverse caratteristiche vantaggiose, come il colore modulabile, il basso peso e una buona trasparenza, e le loro prestazioni dipendono poco dall’angolo della luce incidente (cioè funzionano bene anche con luce diffusa).
Le DSSC sono emerse come una delle migliori tecnologie fotovoltaiche per la generazione di energia in condizioni di luce interna, dove hanno mostrato il loro massimo potenziale, raggiungendo efficienze fino al 34%. Tali valori sono chiaramente superiori a quelli solitamente riportati in condizioni simulate esterne e sono resi possibili da un lato dalla capacità degli anodi foto-sensibilizzati di raccogliere efficientemente la luce diffusa e dall’altro dalla diversa distribuzione spettrale delle comuni fonti di luce interna rispetto al Sole. Le proprietà eccezionali sopra menzionate hanno contribuito a rinnovare l’interesse per le DSSC, prefigurando la possibilità di un’ampia gamma di applicazioni alternative come l’alimentazione di elettronica indossabile, reti di sensori wireless e dispositivi a basso consumo energetico. In questo contesto, è stato stimato che in condizioni di luce interna, le DSSC dovrebbero essere in grado di produrre un’intensità di potenza superiore a 100 μW/cm2, adeguata ad alimentare dispositivi elettronici per applicazioni IoT.
Tra i componenti delle DSSC, il sensibilizzante gioca ovviamente il ruolo più importante nella raccolta della luce. Tenendo conto che la maggior parte delle fonti di luce interna sono costituite da lampade fluorescenti o LED le cui emissioni sono localizzate a lunghezze d’onda che vanno da 400 nm a 700 nm e che l’intensità della luce interna incidente è tipicamente tre ordini di grandezza inferiore a quella della luce solare, il design accurato dei coloranti, garantendo una buona corrispondenza spettrale con la fonte di luce scelta e un alto coefficiente di attenuazione molare, diventa cruciale per massimizzare l’efficienza del dispositivo.
I laboratori del CHOSE (Centre for Hybrid and Organic Solar Energy) del Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università degli Studi di Roma in collaborazione con il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) nelle vesti dell’ICCOM (Istituto di Chimica dei Composti Organometallici) di Sesto Fiorentino (FI) e dell’ISM (Istituto di Struttura della Materia) di Roma, con il Dipartimento di Biotecnologia dell’Università di Siena e con la società Cicci Research hanno condotto una ricerca riguardo lo stato di avanzamento dei coloranti organici per tecnologia DSSC utilizzata in ambienti indoor. La ricerca, finanziata nell’ambito dei progetti PON “BEST4U”, Regione Toscana “VINCI” e ENEA Ricerca di Sistema Elettrico Nazionale, è stata pubblicata sulla rivista Materials di MDPI.
I coloranti organici appaiono molto attraenti grazie alle loro procedure di preparazione e purificazione relativamente semplici, accoppiate a proprietà spettro-elettrochimiche facilmente modulabili e buona stabilità.
Nonostante ciò, va riconosciuto che l’indagine su nuove strutture per i coloranti DSSC per interni è alquanto frammentata, ed è condotta principalmente da pochi gruppi di ricerca focalizzati su specifiche classi di composti, tra cui i più rappresentati sono derivati del fluorene, dell’antracene e della pirazina. Di conseguenza, attualmente è difficile tracciare una chiara tendenza evolutiva per i coloranti utilizzati in questo tipo di applicazione o identificare alcune strutture “privilegiate” su cui la ricerca futura dovrebbe concentrarsi. Chiaramente, per fare ulteriori progressi, sarà necessario esplorare una porzione più ampia dello spazio chimico e condurre confronti più ampi e trasversali tra classi di coloranti strutturalmente diverse. Una possibile strategia come la co-sensibilizzazione presenta il notevole svantaggio della complicata ottimizzazione necessaria alla procedura di colorazione.
Per superare questo problema, è stato recentemente proposto l’approccio basato sull’uso di coloranti in grado di formare una connessione covalente con caratteristiche ottiche e strutturali complementari. Questo garantisce una copertura ampia dello spettro della luce visibile. Tuttavia, questo approccio trova una limitazione nelle procedure di sintesi relativamente più complicate necessarie per ottenere i coloranti, che dovrebbero essere prese in considerazione durante la progettazione di nuove strutture.
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