Frenesia e confusione normativa, il punto della situazione con Attilio Piattelli

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Sviluppi, assenze e rallentamenti normativi sono tra gli argomenti discussi da pv magazine Italia con Attilio Piattelli, presidente del Coordinamento FREE. L’intervista è stata un’occasione per fare il punto sullo stato delle rinnovabili e in particolare del fotovoltaico in Italia in un momento molto frenetico a livello legislativo per il settore.

La frenesia degli ultimi mesi non è sintomo di una fase positiva per il settore: la cattiva gestione a livello normativo e i continui ritardi nell’emanazione di decreti attuativi hanno costretto finora gli operatori a muoversi in un quadro vecchio che ha portato alla congestione delle richieste di autorizzazione. “In assenza di un nuovo quadro normativo completo previsto dalla legge 199/2021 e, in particolare, in assenza dell’individuazione delle aree non idonee, si è operato sulla base di norme vecchie non adeguate all’abbassamento dei costi di realizzazione degli impianti che ha fatto esplodere la numerosità delle procedure autorizzative avviate, soprattutto a Sud Italia. In particolare, il Testo Integrato delle Connessioni Attive (TICA), che ormai ha più di dieci anni di vita, non è stato in grado di arginare la numerosità delle richieste di nuove connessioni, poiché non prevede la decadenza delle connessioni in maniera semplice, non richiede costi di accettazione della connessione particolarmente elevati, soprattutto in alta tensione, e non impone alcuna garanzia finanziarie per i proponenti del progetto” ha spiegato Piattelli.

“Una situazione che – ha aggiunto – sta producendo la congestione virtuale delle reti elettriche un po’ in tutta Italia ma in particolare al Sud e un eccesso di opzioni di terreni per la realizzazione degli impianti fotovoltaici. Questo ha generato dei fenomeni di rimbalzo di tipo psicologico come avvenuto con la moratoria in Sardegna e con il decreto Agricoltura”.

Col decreto-legge Agricoltura “l’eliminazione della solar belt relativa alle aree industriali e commerciali ha molto limitato la possibilità di costruire impianti nei pressi dei centri di consumo, in controtendenza alle necessità. In aggiunta, siamo abituati a pensare che il terreno agricolo sia esclusivamente destinato all’agricoltura ma sappiamo benissimo che il consumo di suolo irreversibile – che non coinvolge il fotovoltaico o l’eolico – riguarda anche molti terreni agricoli che subiscono spesso cambi di destinazione urbanistica. Eppure, quando si parla di rinnovabili, emergono subito le posizioni di chi vuole impedirne la realizzazione sui terreni agricoli ma si tratta di un approccio puramente culturale e di difesa di posizioni consolidate. Servirebbe invece maggior pragmatismo per distinguere le aree agricole tra quelle di pregio, quelle marginali e/o incolte e quelle contaminate non adatte all’agricoltura e per ciascuna di queste prevedere dei differenti criteri di intervento per la realizzazione degli impianti. Cosa che si poteva fare mettendo intorno a un tavolo tutti gli operatori di settore e le parti coinvolte. Questo ci si sarebbe aspettato da una politica in grado di agire per lo sviluppo contestuale del settore agricolo e di quello delle rinnovabili e non un Decreto Agricoltura assolutamente non concertato”.

“Inoltre – ha aggiunto Piattelli – c’è ancora da chiarire cosa si intenda esattamente con interpretazione di ‘impianti collocati a terra’, perché gli impianti agrofotovoltaici avanzati sembra possano essere autorizzati e realizzati ma, in ogni caso, se limito gli impianti solo alle tecnologie avanzate vado ad aumentare i costi di generazione dell’energia elettrica a discapito di cittadini e imprese”.

Sul decreto Aree Idonee, non ancora in vigore ma con un testo pressocché definitivo dopo l’approvazione in Conferenza Unificata, Piattelli ha criticato l’incapacità istituzionale di individuare delle aree secondo criteri specifici e trasversali, lasciando moltissima libertà alle Regioni: “Questo non va bene perché ci ritroveremo in una situazione di potenziale caos normativo per cui ogni Regione potrebbe applicare delle regole diverse. Le aree idonee andavano concordate a priori per lasciare poi alle Regioni la possibilità di fare la mappatura”.

“Qualche settimana fa era uscita una delibera della giunta regionale dell’Emilia-Romagna che ha utilizzato dei criteri di ragionevolezza per quello che si può fare e che non si può fare: individua terreni incolti e superfici massime per ogni azienda agricola da destinare alle FER. Tutto questo però si inserisce in un quadro normativo caotico con Regioni che in attesa del DM Aree Idonee hanno normato per i fatti loro come successo per le Marche che ha fatto la sua norma, la Sardegna che ha fatto la moratoria e per l’appunto l’Emilia-Romagna”.

Nel decreto FER 2, che ha recentemente ottenuto il via libera dalla Commissione europea, Piattelli avrebbe auspicato maggiore spazio per il fotovoltaico flottante, anche se poi sembrerebbe venga inserito anche nel FER X: “Dal mio punto di vista il fotovoltaico flottante non è una tecnologia sperimentale e anzi quello nei bacini chiusi potrebbe essere molto sfruttato in Italia. Non credo invece al fotovoltaico galleggiante in mare perché, sempre dal mio punto di vista, ritengo abbia costi e ostacoli tecnologici molto difficilmente superabili”.

In un momento così pieno di novità normative e cambiamenti “è indispensabile – ha proseguito Piattelli – il riordino normativo che era stato previsto nella legge Concorrenza 2022, doveva uscire entro agosto 2023, poi è stato posticipato a dicembre 2023 e ora ad agosto 2024 mese in cui speriamo esca perché aiuterebbe a fare chiarezza su tutti i decreti vari che si sono sovrapposti nel corso di questi ultimi anni”.

“Altrettanto lo è – ha proseguito – il portale unico di semplificazione degli iter autorizzativi che è in previsione e dovrebbe uscire anche questo in ritardo”. In merito Massimiliano Atelli, presidente della Commissione PNRR-PNIEC, ha dichiarato due settimana fa a pv magazine Italia che a giugno sarebbe partita la piattaforma unica digitale.

Per quanto riguarda l’agrivoltaico, ha sottolineato Piattelli, “è stato fatto un grosso errore perché si è irrigidimentato troppo ancora prima di costruirlo. Si è stabilito che è definibile ‘avanzato’ solo con impianti alti almeno 2,1 metri ma avere impianti inutilmente alti quando non ce n’è bisogno comporta un rischio troppo elevato di impatto ambientale e di amplificazione dell’effetto di non accettabilità degli impianti sul territorio oltre che di inutile aumento dei costi. Se coltivo le fragola perché devo fare impianti con moduli collocati a minimo 2,1 metri da terra, il che vuol dire impianti alti almeno 4 metri?”. Una situazione diametralmente opposta a quella che si prospetta con le aree idonee: da un lato limiti troppo stringenti, dall’altro quasi nessun vincolo chiaro.

Infine, su incentivi e meccanismi di supporto, Piattelli ha dichiarato: “A livello istituzionale se si parla del FER 2 si tratta di incentivi a tutti gli effetti perché riguardano tecnologie ancora non perfettamente mature, ma se si parla di FER 1 o FER X bisogna parlare non di incentivi ma di meccanismi di supporto. Spesso il prezzo di aggiudicazione è inferiore ai prezzi medi di mercato, quindi, sono semplicemente meccanismi di supporto che aiutano la finanziabilità dei progetti ma non incentivi. Quando io chiudo i contratti a 70-75 euro al MW/h, come da ultima asta del FER 1, con il prezzo dell’energia a 80-100 euro al MW/h non si tratta di incentivi. Però, i meccanismi di supporto devono avere una loro continuità temporale e non devono terminare senza che il successivo parta contestualmente, come sta avvenendo ora con la conclusione del FER1 e l’attesa del FERX. Questo determina continui singhiozzi e difficoltà per il settore.”

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