Green Horse Legal Advisory spiega implicazioni del DL Agricoltura su aree agricole e contratti di superficie

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A seguito della recente conversione in legge del DL Agricoltura, i Team Regulatory & Public Law di Green Horse Legal Advisory commentano le implicazioni per le installazioni fotovoltaiche nelle zone agricole.

Il DL Agricoltura ha introdotto il divieto di installare impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole fatta eccezione per talune tipologie di aree e/o progetti.

Per quanto riguarda aree e progetti esclusi dal divieto, lo studio legale distingue “Progetti esclusi in ragione della disciplina transitoria” e “Progetti esclusi in ragione delle loro caratteristiche o ubicazione”.

Rientrano nel primo gruppo i progetti di impianti fotovoltaici autorizzati e progetti le cui le procedure autorizzative, incluse quelle di valutazione ambientale, siano state avviate prima del 16 maggio 2024. Perché una procedura possa essere considerata come “avviata” prima dell’entrata in vigore del DL Agricoltura, è necessario che l’istanza contenga quantomeno i requisiti minimi di legge. Green Horse individua due casi ricorrenti:

  • Caso 1: con riferimento alle procedure autorizzative “ordinarie” (nell’ambito dei procedimenti di AU, VIA, PAUR), qualora sia stata rilasciata la procedibilità, il procedimento autorizzativo sarà assoggettato alle norme previgenti e il progetto non sarà interessato dal divieto introdotto dal decreto; mentre in caso di archiviazione dell’istanza (per carenza dei requisiti minimi di legge ai fini dell’avvio dell’iter autorizzativo), ovviamente quest’ultima dovrà essere ripresentata e conseguentemente sarà assoggettata alle limitazioni del DL Agricoltura.
  • Caso 2: con riferimento, invece, alle procedure di PAS – rispetto alle quali non è configurabile il rilascio della procedibilità da parte del Comune – l’orientamento più recente qualifica la PAS come atto privato soggetto a controllo pubblico, alla stregua di una SCIA. Ne consegue che il Comune ha l’onere di verificare entro 30 giorni dalla presentazione la presenza degli elementi essenziali richiesti dalla legge per la presentazione della PAS e, nei limiti delle tecnologie e delle potenze previste dalla legge, la PAS può considerarsi sempre legittimamente avviata perché è il Comune che deve verificare la presenza dei requisiti e, ove non sussistenti, chiedere integrazioni o dismettere il procedimento.

Rientrano invece tra i progetti esclusi in ragione delle loro caratteristiche o ubicazione:

  • interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione di impianti fotovoltaici in esercizio purché tali interventi non comportino incremento dell’area occupata: saranno quindi esclusi dal divieto gli interventi di revamping e repowering su impianti in esercizio;
  • installazione di nuovi impianti su cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o sulle porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati;
  • installazione di nuovi impianti nei siti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato, dei gestori di infrastrutture ferroviarie, delle società concessionarie autostradali o delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali;
  • installazione di nuovi impianti nelle aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonché nelle aree racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento (purché tali aree non siano vincolate ai sensi della parte seconda del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio): a tal proposito ricordiamo che il Ministero dell’Ambiente ha avuto di recente modo di chiarire che nella definizione di “impianti industriali” vanno ricompresi anche impianti fotovoltaici ed eolici preesistenti2;
  • installazione di nuovi impianti nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.

Ci sono, inoltre, i “Progetti esclusi perché attuativi delle misure di investimento PNNR o necessari per il conseguimento degli obiettivi PNNR”. Tra questi rientrano:

  • impianti destinati alla realizzazione di comunità energetiche rinnovabili;
  • l’autoconsumo collettivo (escluso l’autoconsumo a distanza);
  • gli impianti fotovoltaici innovativi e fotovoltaici abbinati all’idrogeno;
  • gli impianti agrivoltaici cosiddetti “avanzati”.

Il testo attualmente non chiarisce se possano considerarsi esclusi dal divieto del DL Agricoltura anche gli agrivoltaici “non avanzati”. Per Green Horse Legal Advisory “l’interpretazione più letterale della norma porta a ritenere che gli impianti agrivoltaici dovrebbero considerarsi ammessi, a patto che rispettino i requisiti previsti dalla legge in termini di preservazione dell’utilizzo dei terreni dedicati all’agricoltura e al monitoraggio”.

A questo proposito lo studio legale sottolinea come “il DM Aree Idonee ha previsto che, entro 180 giorni dall’entrata in vigore di tale decreto ministeriale, ciascuna Regione debba identificare anche le aree in cui è vietata l’installazione di fotovoltaici a terra; pertanto, è ragionevole attendersi che le Regioni individueranno anche le aree deputate all’installazione di impianti agrivoltaici, declineranno gli impianti ammissibili in tali aree tra agrivoltaici avanzati e non e stabiliranno le ipotesi in cui dovesse essere necessario il rispetto del citato requisito soggettivo da parte del proponente”.

Per quanto riguarda i contratti di superficie, il decreto introduce limiti minimi di durata di 6 anni più ulteriori 6 di rinnovo automatico alle medesime condizioni riconoscendo alle parti il diritto di recesso dai contratti in essere, anche preliminari, che non sono in linea con tali previsioni.

Green Horse Legal Advisory ritiene che “la formulazione della norma e il suo fine non sono affatto chiari”. L’interpretazione che ne fanno fa salvi:

  • i contratti definitivi che prevedano una durata del diritto di superficie uguale o maggiore del termine minimo di legge (ossia, la totalità dei contratti di superficie del settore, la cui durata si attesta quasi univocamente a 30 anni);
  • i contratti preliminari che prevedano la durata del diritto di superficie da costituirsi con la sottoscrizione del successivo contratto definitivo abbia una durata uguale o maggiore del termine minimo di legge (anche in questo caso, si tratta di un’ipotesi che rappresenta in sostanza la totalità dei contratti di superficie del settore).

I legali ritengono infine che possano essere oggetto di recesso solo quei contratti, sia definitivi che preliminari, ancora in corso che dispongano di una concessione del diritto di superficie per durata inferiore a 6 anni o senza limitazioni temporali.

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