Agronomo: agrivoltaico in Sicilia è una scelta contro “il cibo buono”

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pv magazine Italia ha sentito Paolo Caruso, agronomo salito alla ribalta nel mondo del fotovoltaico per un post critico di alcuni progetti agrivoltaici in Sicilia. Abbiamo parlato degli investimenti agrivoltaici in Sicilia e delle possibili ripercussioni per l’agricoltura locale.

Molti commenti al suo post suggeriscono che la valle in questione non abbia un grande valore agronomico, proprio perché non coltivata per mancanza d’acqua. Nel caso non dovessero andare avanti progetti FV, cosa vorrebbe dire per la valle?

I commenti sullo scarso valore agronomico della valle lasciano il tempo che trovano, sono stati infatti scritti da persone che, il più delle volte, non conoscono il territorio in questione e adoperano queste espressioni per giustificare il loro (legittimo) lavoro.

Scusi, ma mi sento di dissentire. Tra le persone che hanno commentano negativamente il suo post ci sono anche una serie di ricercatori. Comunque sia, tornando alla valle siciliana che menziona nel post…

La valle in questione è un tipico esempio di collina interna siciliana, costituita da terreni seminativi, coltivata con piante a ciclo autunno/primaverile, nello specifico leguminose (da granella e/o foraggere) in rotazione con il frumento. Per secoli la parte interna dell’Isola è stata considerata il granaio d’Italia, ma a causa delle sempre più significative importazioni di frumento e, soprattutto nelle ultime tre annate, di condizioni di aridità inedite che ne hanno ridotto le rese, le superfici coltivate si contraggono di anno in anno.

Ho avuto modo di conoscere questa realtà grazie ad una visita ad una azienda di cari amici che stanno affrontando il dilemma se continuare ad investire in attività agricole in quella zona o abbandonare la loro impresa. Ma queste persone, nonostante tutto continueranno a fare agricoltura, memori del fatto che si sentono “custodi” del terreno e non “proprietari”. Una differenza sostanziale che gli permette di tirare avanti per conservare quanto ereditato e poi lasciarlo a chi verrà dopo.

Questa famiglia, giusto per ribattere ai commenti, coltiva anche pomodori, perché ha avuto la lungimiranza di realizzare un bacino di raccolta che gli consente di irrigare le piante nel periodo estivo.

Abdicare al fotovoltaico nei terreni agricoli è una pratica molto pericolosa, perché sottintende ed avalla una scelta che interrompe definitivamente la pratica agricola e crea le condizioni per un progressivo abbandono dei territori e per una dipendenza pressochè totale dal cibo prodotto da altri.

Nessuno, tantomeno il sottoscritto, si può permettere di criticare la scelta degli agricoltori di impiantare impianti foto o agrivoltaici, sono troppe le difficoltà che devono affrontare per riuscire a sbarcare il lunario, ma togliamoci dalla testa che chi lo fa abbia intenzione di continuare a coltivare. Perché rischiare se quello che viene riconosciuto basta e avanza per tirare avanti?

Siamo sicuro che basti e avanzi? L’agricoltura italiana è comunque in sofferenza…

Mi perdoni ma l’argomento richiede una risposta troppo articolata che non mi sento di dare in questo momento.

In una mia recente visita in Sicilia ho parlato di fotovoltaico con 105/110 persone del posto. Solo due si son detti vagamente contrari al fotovoltaico in Sicilia. Questo perché, da come capisco, il fotovoltaico in realtà viene considerato un investimento che potrebbe aiutare a risolvere alcuni problemi dell’Isola, per esempio diminuendo i prezzi dell’energia. Non è d’accordo? Quale il suo punto di vista?

Non conosco esattamente la formulazione della domanda, se è stata fatta specificando che i pannelli si dovessero installare in terreni agricoli con tutte le controindicazioni che ho esposto in precedenza, sarebbe una percentuale molto preoccupante, che sottintende ad un sostanziale disinteresse verso l’agricoltura e il cibo buono.

Per quanto riguarda i prezzi dell’energia ricordo a me stesso che in Sicilia, nelle raffinerie di Gela, Milazzo e Priolo/Augusta, viene raffinato ed esportato verso le altre regioni d’Italia gran parte del greggio che importiamo dai Paesi produttori, ma non mi risulta che il prezzo dei combustili in Sicilia differisca da quello delle altre regioni, anzi. La Sicilia è sempre stata considerata un hub energetico senza che questo si sia tradotto in particolari vantaggi per i siciliani.

Non ho ravvisato comunque un forte attaccamento all’agricoltura siciliana da parte di molti cittadini siciliani, o sbaglio? Parlando con alcuni agricoltori, mi han detto che stanno cambiando colture, spesso non tradizionali. In generale l’agricoltura siciliana non sta vivendo grandi fasti, mi sembra di aver capito. Sbaglio? È ancora economica, per esempio, la produzione di pistacchi?

La sostituzione di colture tradizionali, soprattutto agrumi, con colture più redditizie e alla “moda” (avocado, mango) dipende sia dalle richieste di mercato, sia da una tropicalizzazione del clima che consente una sostituzione così significativa.

L’agricoltura siciliana non naviga in acque tranquille, ma se parliamo di agricoltura di prodotti dell’agrobiodiversità siciliana, specie se certificati da marchi di provenienza (IGP; DOP; DOC, Presidi Slow Food etc.) le soddisfazioni per gli imprenditori agricoli non mancano. Purtroppo le condizioni climatiche stanno mutando e con esse aumentano le difficoltà di arrivare a rese remunerative. La disattenzione storica per le infrastrutture idriche ha fatto il resto.

La produzione di pistacchi è sempre remunerativa, al netto di annate climaticamente difficili. Nessuno riuscirebbe a convincere un produttore di pistacchi a impiantare pannelli solari.

La mancanza d’acqua però può essere appunto risolta, almeno in parte, da sistemi agrivoltaici, soprattutto alcuni con sistemi di monitoraggio e gestione dell’acqua. O sbaglio? Alla fine è stato sviluppato da Fraunhofer per la prima volta in Maghreb, proprio per risolvere problemi legati alla mancanza d’acqua….

Invece non trovo attinenza tra l’agrivoltaico e la riduzione della richiesta idrica, immagino dovuta all’ombreggiamento dei pannelli. Ma questo è probabilmente un mio limite

Cosa pensa dell’agrivoltaico in generale? 

La sostituzione del fotovoltaico “a terra” con l’agrivoltaico che doveva, nell’intenzione dei grandi player dell’energia, accoppiare la produzione agricola con quella di energia rinnovabile, comincia a mostrare tutti i propri limiti. Una recente ricerca scientifica condotta in provincia di Mantova, pubblicata la settimana scorsa su Agroforestry Systems dal titolo “Determination of feed yield and quality parameters of whole crop durum wheat (Triticum durum Desf.) biomass under agrivoltaic system”, (Dal Prà et al., 2024) conferma quanto già era emerso in precedenti studi scientifici, ovvero che la coltivazione di particolari colture (come il grano) con il sistema dell’agrivoltaico è economicamente improponibile. Nello specifico la resa del frumento, coltivato sotto i pannelli solari, è stata inferiore del 30 % circa, rispetto alla coltivazione tradizionale, confermando quanto già rilevato da un’altra sperimentazione “Potential of sugar beet (Beta vulgaris) and wheat (Triticum aestivum) production in vertical bifacial, tracked, or elevated agrivoltaic systems in Belgium” (Reher et al., 2024). In quest’ultimo studio le rese di frumento, a causa dell’agrivoltaico, sono risultate decurtate in media del 33 % nel 2022 e del 46% nel 2023. A queste rese inferiori va sommato l’8% di terreno utile perso per la sistemazione dell’impianto energetico.
Questi dati confermano, ove ce ne fosse ulteriore bisogno, che la già antieconomica coltivazione del grano diventerebbe soltanto una questione di “facciata” se accoppiata con l’agrivoltaico. Gli attuali risibili margini economici delle aziende agricole e la disperazione degli agricoltori, stanno spingendo a introdurre i ben più remunerativi impianti agrivoltaici; scelta che nessuno si può permettere di criticare. Ma da qui a giustificare l’inserimento di questi impianti con una presunta duplice attitudine (contemporanea produzione di cibo ed energia) ce ne corre. Questa narrazione viene prodotta soltanto per tentare di proporre un’imbarazzante giustificazione alle multinazionali energetiche per rifarsi una verginità. Per quanto ci riguarda si vede che al posto di pane e pasta fatti con il grano dovremo optare per quelli prodotti con la farina di insetti.

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