Il Consiglio dei Ministri durante il suo incontro del 7 agosto 2024 ha deciso di impugnare la moratoria della Regione Sardegna, “in quanto talune disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, eccedendo dalle competenze statutarie e ponendosi in contrasto con la normativa statale ed europea, violano gli articoli 3, 41 e 117, primo e terzo comma, della Costituzione”. Il Consiglio dei Ministri ha poi deliberato la richiesta alla Corte costituzionale di sospensione, in via cautelare, dell’articolo 3 della legge regionale impugnata.
Abbiamo parlato con Emilio Sani dello Studio Sani Zangrando e Gennaro Sposato, partner di Rödl, per capire il significato dell’impugnazione, le tempistiche di applicazione e le conseguenze per i progetti pronti per partire.
“Il Governo ha chiesto di accertare che la legge non è coerente con alcune delle norme costituzionali”, spiega Sani.
Questo perché, come spiega Sposato, lo strumento dell’impugnazione ex articolo 127 della Costituzione serve a dirimere il conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni per quanto riguarda l’esercizio della competenza legislativa.
“La Costituzione prevede talune materie di competenza esclusiva statale (articolo 117 comma 2 Cost.), altre che prevedono la competenza concorrente (articolo 117 comma 3 Cost., nelle quali le Regioni legiferano salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata allo Stato) mentre le materie non espressamente riservate allo Stato rientrano nella competenza residuale delle Regioni (articolo 117 comma 4 Cost.). La produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia rientrano tra le materie concorrenti ed è da qui che possono sorgere conflitti di attribuzione”, ha detto Sposato.
In caso di conflitti, l’ente che ritiene leso una propria attribuzione (Stato o Regione) può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge.
“Spetta quindi ai giudici costituzionali dirimere la questione. La Corte Costituzionale ha la possibilità di sospendere la legge regionale in via cautelare in presenza di determinati presupposti (irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o agli interessi dei cittadini), sospensione che il Governo intende evidentemente richiedere nel caso di specie, immagino per l’impatto che la norma regionale ha sulle iniziative già avviate dai titolari dei progetti. A tale proposito giova rilevare che la norma sembra voler impattare anche su progetti rinnovabili già autorizzati, impedendo – secondo il tenore testuale della norma – la costruzione di impianti (ivi inclusi, su questo ci sono dubbi interpretativi, anche quelli già autorizzati, minando in tale modo il principio della certezza del diritto)”, ha detto Sposato.
Le tempistiche per la decisione finale della Corte Costituzionale sulla moratoria sarda, dice Sani, varia fra i sei mesi e 1 anno e mezzo circa.
Sposato sottolinea invece che le tempistiche per la decisione non sono facilmente prevedibili.
“Difficile dare una previsione delle tempistiche che impiegherà la Corte per decidere. Dalla data di deposito del ricorso alla decisione stimerei 1,5/2 anni. Visto che in casi come quello in esame la verifica circa la legittimità di un provvedimento si interseca con un procedimento legislativo in corso (quello regionale di definizione delle aree idonee) la Corte potrebbe anche valutare l’opportunità di trattare con urgenza la questione oppure attendere con il riesame. Come successo in passato in altre occasioni, è stata creata una grande confusione e l’incertezza è il nemico più grande delle iniziative imprenditoriali”, ha detto Sposato a pv magazine Italia.
Per quanto riguarda la richiesta alla Corte costituzionale di sospensione, in via cautelare, dell’articolo 3 della legge regionale impugnata, le tempistiche potrebbero essere più rapide.
Nel caso della legge regionale sarda il Governo ha chiesto in attesa della decisione finale di “sospendere provvisoriamente la moratoria, la legge della Sardegna già nel giro di due mesi potrebbe risultare non applicabile se la domanda di sospensione fosse accolta”, ha detto Sani.
A parte le complessità derivanti dalle norme e dalle decisioni dei legislatori per nuovi progetti che non hanno ancora iniziato l’iter autorizzativo, gli sviluppatori dei progetti pronti per la costruzione hanno diverse possibilità.
“Come accennato sopra, a rigore il progetto già autorizzato alla data di entrata in vigore della LR Sardegna non dovrebbe essere impattato dalla nuova legge regionale non potendo quest’ultima – a rigore – negare a chi ha già un titolo formato di avviare i lavori e portare avanti la propria iniziativa. Tuttavia, la norma è formulata male (volutamente?) perché prevede un divieto di realizzare nuovi impianti lasciando intendere che questo possa applicarsi anche a progetti già autorizzati. Su questo c’è disorientamento tra gli operatori del settore ma so che vi sono alcuni operatori – titolari di impianti già autorizzati – che stanno valutando di andare avanti con i propri progetti e mi sembra una strategia non sbagliata sotto un profilo del diritto,” ha concluso Sposato.
L’eventuale accoglimento da parte della Corte Costituzionale, tutti gli impianti potrebbero comunque procedere come da programmi, giusto con qualche ritardo.
“In caso di accoglimento della sospensione, gli impianti che non hanno ancora iniziato i lavori potrebbero iniziarli e la Regione Sardegna sarebbe tenuta a concludere i procedimenti in corso con provvedimenti efficaci”, ha detto Sani a pv magazine Italia.
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