Lo studio Project Lex sta seguendo un contenzioso che riguarda la dimostrazione del requisito della “disponibilità” di cui all’art. 6 del d.lgs. 28/2011, delle aree ove è previsto la realizzazione di un impianto di produzione da parte del proponente di un progetto FER. pv magazine Italia ne ha parlato con Marcello Astolfi.
pv magazine: State seguendo un contenzioso che riguarda la “disponibilità sussistente qualora il terreno sia detenuto in forza di contratto preliminare e sia stato al contempo concesso in affitto di fondo rustico”, corretto? Potreste spiegare il caso? Dove si trova e quali sono i soggetti coinvolti?
Marcello Astolfi: Sì, esatto. La vicenda trae origine a seguito della procedura autorizzativa avviata, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. 28/2011 (c.d. procedura di PAS), nel Comune di Sirolo (AN), da parte di una società del settore per la realizzazione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico a terra della potenza di quasi 10 MW da realizzarsi su di un’area agricola in merito alla quale la società aveva stipulato un contratto preliminare di compravendita con il proprietario.
Precedentemente al contratto preliminare di cui sopra, il proprietario aveva affidato lo sfruttamento agricolo di tale area, tramite un contratto di affitto di fondo rustico, ad un soggetto terzo, coltivatore del fondo. Tale contratto di affitto, tutt’ora in corso, prevede, tuttavia, il diritto del proprietario di risolvere anticipatamente il rapporto, in qualsiasi momento ed a semplice richiesta
La circostanza della sussistenza del suddetto contratto di affitto veniva rappresentata nel contratto preliminare di compravendita ove veniva, altresì, prevista la possibilità (in realtà, anche qui, il diritto), a favore della società, di ottenere dal proprietario del terreno la risoluzione, in qualsiasi momento, del contratto di affitto.
Esaminata la documentazione depositata dalla società in sede di autorizzazione del progetto, il Comune riteneva, tuttavia, che la pendenza del contratto di affitto non consentisse al proponente di soddisfare il requisito della “disponibilità”, richiesto dalla normativa vigente e, di conseguenza, archiviava la procedura di autorizzazione semplificata, con ciò opponendo il proprio diniego all’intervento .
La società ha quindi impugnato il provvedimento di diniego, chiedendo al giudice amministrativo anche l’emissione di un provvedimento cautelare evidenziando, tra l’altro, che la “disponibilità” prevista ai fini della procedura di PAS doveva ritenersi comprovata dalla sussistenza del contratto preliminare di compravendita; ciò in linea con quanto previsto dal d.P.R. n. 380/2001 in merito ai titoli edilizi in generale ed oggetto di numerose pronunce dei giudici amministrativi. Per di più, nel ricorso veniva altresì evidenziato che la sussistenza del contratto di affitto con un soggetto terzo non poteva ritenersi di ostacolo al conseguimento della “disponibilità”, dell’area da parte della società proponente posto che, sia nel rapporto tra il proprietario e la società (contratto preliminare di compravendita), sia in quello tra il proprietario ed il soggetto coltivatore (contratto di affitto di fondo rustico), era prevista una clausola che consentiva alla società di ottenere, dietro presentazione di semplice richiesta al proprietario, lo scioglimento anticipato del contratto di affitto.
Si parla di procedura autorizzata semplificata (PAS) giusto? Lo stesso discorso che stiamo facendo vale anche in altri casi, per esempio per l’Autorizzazione Unica?
Sì esatto, si parla di PAS. L’art. 6 del d.lgs. 28/2011 prevede infatti che possa utilizzare la “procedura autorizzativa semplificata” chi abbia la “disponibilità” dell’area interessata dalle opere di impianto e dalle opere connesse.
Il requisito della “disponibilità” rappresenta in ogni caso un tema centrale nell’ambito del procedimento autorizzativo degli impianti FER in quanto l’articolo 12, comma 4-bis del d.lgs. 387/2003 sulla procedura di autorizzazione unica (c.d. AU), subordina il rilascio della AU, per gli impianti fotovoltaici e per quelli a biomasse, alla dimostrazione, da parte del proponente, della “disponibilità” dell’area di impianto.
Dello stesso tenore anche l’art. 6-bis dello stesso d.lgs. 28/2011, con riguardo alla procedura di “dichiarazione inizio lavori asseverata” (c.d. DILA) che può esser presentata da chi abbia la “disponibilità degli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse”.
Più in generale quali casi è importante la “disponibilità” nel mondo del fotovoltaico? Per quale motivo questo caso potrebbe essere importante per altri casi simili? Che differenze sussistono rispetto ad altre fonti?
Contrariamente agli impianti FER alimentati da altre fonti (eolico o idroelettrico), per gli impianti fotovoltaici (al pari che per quelli alimentati a biomassa), la “disponibilità” delle aree di impianto è un requisito imprescindibile che va dimostrato ai fini del conseguimento del titolo autorizzativo, sia esso AU o PAS o CILA.
Di conseguenza chiunque si trovi a sviluppare un progetto fotovoltaico deve assicurarsi la “disponibilità” dell’area ove verrà realizzato l’impianto e, data la assenza di ulteriori indicazioni normative su cosa debba intendersi per “disponibilità”, alcune regioni o alcuni enti, spesso contestano la sufficienza di un contratto preliminare (di compravendita o di diritto di superficie) imponendo agli operatori di procedere con la stipula dei contratti definitivi.
La decisione del TAR sarà, perciò, importante perché consentirà di chiarire – in sede giurisprudenziale – se un contratto “preliminare” possa ritenersi sufficiente ai fini della “disponibilità” anche qualora la medesima area risulti concessa in affitto ad un terzo per lo sfruttamento agricolo, qualora su tale soggetto gravi l’obbligo (contrattuale) di liberare in qualsiasi momento l’area.
Quindi, la pronuncia si presenta di vitale importanza per gli operatori del settore perché costituirà un precedente per indirizzare le loro decisioni rispetto allo sviluppo di iniziative che si trovino in analoghe condizioni (ipotesi assai frequente, soprattutto nel crescente ambito dei progetti agrovoltaici, quasi sempre cadenti su terreni agricoli coltivati).
Ritorniamo sul concetto di “disponibilità”. Fate riferimento all’’art. 6 del d.lgs. 28/2011. Di cosa si tratta? Potreste spiegare il quadro normativo più ampio? Per quale motivo ci troviamo davanti a queste difficoltà?
Come anticipato poc’anzi, l’art. 6 del d.lgs. 28/2011 enuncia la necessità per il soggetto proponente di acquisire la “disponibilità” dell’area interessata dalle opere di impianto e dalle opere connesse ma la norma non chiarisce che cosa debba intendersi per “disponibilità”. Allo stesso modo il significato non viene chiarito nemmeno nelle disposizioni sulla AU oppure sulla CILA.
Su questo tema, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che un contratto preliminare (tipicamente di compravendita o di costituzione di diritto di superficie) è sufficiente per attestare la “disponibilità” dell’area e, quindi, con tale titolo, il proponente dovrebbe conseguire legittimamente il provvedimento autorizzativo per l’intervento richiesto. Tuttavia, proprio per assenza di chiarezza normativa, il principio non trova talvolta applicazione da parte delle amministrazioni a livello territoriale.
La novità consiste nel valutare la sufficienza del contratto preliminare quando l’area di interesse risulti, altresì, concessa in affitto (o con altro rapporto contrattuale) ad un soggetto terzo, gravato dall’obbligo di liberarla a semplice richiesta del proprietario (oppure del soggetto cui spettano diritti sul terreno) e, per quanto di nostra conoscenza, una simile questione non è stata affrontata finora dalla giurisprudenza amministrativa.
Non capisco però le differenze territoriali. Perché sussistono? Che conseguenze hanno? Potreste presentare dei casi regionali specifici?
Come detto, le differenze sussistono a causa della mancata chiarezza normativa sul termine “disponibilità” che può essere interpretato a livello territoriale in maniera non coerente con il principio suddetto. Le conseguenze che possono manifestarsi riguardano la eventuale limitazione delle forme contrattuali ritenute idonee ad attestare la suddetta “disponibilità”.
Ad esempio, nonostante un contratto preliminare di compravendita o di diritto di superficie sia generalmente da ritenersi idoneo a tal fine, la recente DAL 125/2023 della Regione Emilia Romagna rinvia ancora sul punto a circolari piuttosto datate (aprile del 2011) che prevedono da una parte che un contratto preliminare costituisca un valido titolo per presentare una istanza di AU, dall’altro, che prima del rilascio della AU, il richiedente dovrà depositare all’amministrazione copia del successivo contratto definitivo debitamente trascritto.
È chiaro che questo comporta per un operatore la necessità di dover acquistare la proprietà o il diritto di superficie dell’area, prima del rilascio della autorizzazione, ponendo in capo allo stesso il rischio di eventuali ricorsi giurisdizionali avverso il titolo, rendendo l’investimento rischioso.
È possibile prevedere quale sarà l’esito del giudizio? Quando vi aspettate maggiori novità?
Allo stato, si ritiene prematuro e, inoltre, inopportuno prevedere l’esito del giudizio.
Tuttavia, qualora il ricorso trovasse accoglimento, potrebbero trovare affermazione due principi importanti per moltissimi operatori del settore impegnati nello sviluppo dei progetti FER, ossia:
- il requisito della “disponibilità” dell’area, di cui all’art. 6 del d.lgs. 28/2011, dovrebbe ritenersi soddisfatto anche nel caso in cui il proponente abbia stipulato un contratto preliminare (ad es. di compravendita o di diritto di superficie) al pari di quanto previsto in merito ai titoli edilizi di cui al DPR 380/2011; inoltre,
- la pendenza di un rapporto con un soggetto terzo avente ad oggetto il terreno interessato dall’intervento, qualora il relativo contratto riconosca al proprietario del terreno e – per effetto della sua trasposizione nel contratto preliminare – al proponente/promissario acquirente, il diritto potestativo di chiedere in qualsiasi momento la risoluzione del rapporto, non dovrebbe impedire di conseguire la disponibilità dell’area, nei termini richiesti dalle disposizioni normative, qui in rilievo.
Le premesse considerazioni sono tuttavia evidentemente riferite ad un caso tutt’ora al vaglio del Giudice, per cui se ne rende evidenza ai fini informativi degli operatori che si trovino, nelle more, in analoghe situazioni.
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