Un rapporto di Legambiente del 2021 spiega quante cave e miniere fossero disponibili in Italia a fine decennio scorso. Il rapporto parla anche di alcuni casi di buone pratiche, tra cui un impianto fotovoltaico realizzato dal Comune di Montechiarugolo (PR) in una ex-cava abusiva dove, parallelamente alla posa dei pannelli è stata avviata la rinaturalizzazione dei luoghi circostanti, o la costruzione di un tempio buddista in una ex cava nel pisano. La questione aumenta però di importanza, visti i cambiamenti legislativi degli ultimi mesi. pv magazine Italia ne ha parlato con lo Studio Legale Sani Zangrando.
Voi avete scritto di recente che i recenti cambiamenti normativi nel campo delle energie rinnovabili fanno sì che le cave e le minierre giochino un ruolo importante nella transizione energetica e rappresentino senza dubbio un’opportunità da tenere in considerazione da parte degli stakeholder. Volete insomma dire che il DL Agricoltura ha obbligato a cercare spazi diversi dai terreni agricoli?
Non esattamente, le previsioni normative che risaltano le opportunità di realizzare impianti fotovoltaici su aree di cava sono precedenti al DL Agricoltura (si faccia riferimento al D. Lgs. 199/2021), ma senza dubbio le nuove disposizioni del DL Agricoltura portano a cercare nuove soluzioni che non implichino l’utilizzo di ulteriore suolo agricolo e dunque una soluzione potrebbe essere quella di sfruttare le aree di cava
Potreste ricordare quali siano le norme rilevanti per l’installazione di fotovoltaico in cave e miniere?
Decreto legislativo 08/11/2021, n. 199 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”. In particolare, gli artt. 20, 22 e 22 bis.
Nel caso delle “cave e miniere chiuse, non recuperate o abbandonate, o in condizioni di degrado ambientale, o quelle porzioni di cave e miniere che non sono suscettibili di ulteriore sfruttamento”, avete spiegato in diverse sedi che il quadro normativo riconosce come autorizzati i progetti con potenza inferiore a 1 MW per i quali sia stata trasmessa una dichiarazione di inizio lavori asseverata (“Dichiarazione di Inizio Lavori Asseverata – DILA”), giusto? Non sarà quindi necessario avviare un procedimento autorizzativo dedicato, o dobbiamo ancora aspettare sviluppi normativi in merito per averne sicurezza giuridica?
Esatto, tali categorie di aree sono considerate idonee ai sensi dell’art. 20 co. 8 let. C) del D. Lgs. 199/2021 e pertanto, i progetti di potenza inferiore a 1 MW, ricadenti in tali aree, possono essere autorizzati mediante DILA.
Inoltre, il recente co. 1 bis dell’art. 20 del D. Lgs. 199/2021, introdotto dal D.L. Agricoltura, sembrerebbe ampliare la categoria di aree idonee di cui alla lett. c) specificando letteralmente che “L’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere […], c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati […]del comma 8 del presente articolo.”
Gli impianti con potenza fino a 12 MW potrebbero essere autorizzati con Procedura Abilitativa Semplificata (“PAS”) ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 28/2011. Giusto? Ci sono delle condizioni?
Esatto, purché tali progetti ricadano in una delle categorie idonee di cui all’art. 20 co. 8 del D. Lgs. 199/2021 e a condizione che vengano rispettati i requisiti principali per la PAS (disponibilità dei terreni, compatibilità con gli strumenti urbanistici vigenti e non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie)
Nell’ultimo caso spiegate che il titolo autorizzativo si consolida generalmente dopo 30 giorni, a condizione che non siano necessarie integrazioni documentali. Quali sono questi casi che richiedono integrazioni? La richiesta di documenti integrativi deve però arrivare entro 30 giorni? Da quale soggetto?
L’autorità procedente per la PAS è il Comune nel cui territorio è localizzato il progetto. A seguito di una verifica preliminare della documentazione allegata alla PAS, qualora vi siano delle carenze documentali, nel termine di 30 giorni dalla presentazione della PAS – ovvero prima del consolidamento del titolo – il Comune può chiedere al proponente di integrare la PAS. Inoltre, qualora sia necessario acquisire atti di assenso/nullaosta/autorizzazioni da altri enti interessati, il Comune avvia una conferenza di servizi ai sensi della L. 241/1990 convocando gli enti interessati ad esprimersi riguardo il progetto in PAS.
Spiegate poi che “per i progetti in area idonea, come quelli che rientrano nell’art. 20 comma 8 let. c), l’art. 22 del D.lgs. 199/2021 prevede ulteriori agevolazioni che potrebbero essere riassunte come segue: nel caso in cui l’area di progetto interferisca con un bene culturale o paesaggistico tutelato ai sensi del D.Lgs. 42/2004 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), la competente Soprintendenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali esprime un parere obbligatorio non vincolante. Da quanto capisco ciò significa che l’esito negativo della verifica della Soprintendenza non può essere preso in considerazione dall’autorità chiamata ad autorizzare il progetto, giusto? Ma possono presentarsi comunque delle complicazioni? Potrebbero le autorità competenti fare errori nell’interpretazione delle norme? Quali le eventuali conseguenze?
In caso di progetti in area idonea che interferiscano con vincoli di cui al D. Lgs. 42/2004, la Soprintendenza si esprime con parere obbligatorio ma non vincolante: ciò significa che l’autorità procedente (il Comune in caso di PAS), potrebbe anche decidere di non tenere in considerazione il parere (sia esso positivo o negativo) della Soprintendenza e chiudere la procedura con esito anche diverso rispetto al parere della stessa. Se la Soprintendenza si esprime in senso negativo rispetto alla fattibilità del progetto, ciò non toglie che l’autorità procedente possa comunque autorizzare il progetto.
I termini per le procedure di autorizzazione degli impianti in aree idonee sono in generale ridotti di un terzo, al fine di accelerare la diffusione delle energie rinnovabili. Sono possibili comunque ritardi? In quali casi?
I procedimenti autorizzativi potrebbero subire delle sospensioni a causa di eventuali richieste di integrazioni o per l’acquisizione di specifici atti di assenso /nulla osta/concessioni necessari.
Avete rilevato una possibile sovrapposizione tra l’articolo 20 par. 8 let. c) e l’art. 22-bis del D.lgs. 199/2021: la prima disposizione include le aree di cava chiuse e le porzioni di cava non suscettibili di ulteriore sfruttamento, mentre la seconda disposizione sembra riferirsi alle cave o alle porzioni di cava non suscettibili di ulteriore sfruttamento indipendentemente dal fatto che siano dichiarate chiuse o siano ancora formalmente aperte. Concludete che ciò “potrebbe aprire le porte a opportunità di investimento anche all’enorme numero di aree di cava autorizzate e (solo) formalmente attive di cui sopra ma che, in ogni caso, i procedimenti autorizzativi disciplinati dagli articoli qui citati sono diversi e meritano un’analisi dedicata”. Potreste spiegare a chi spetta scogliere questo possibile sovrapposizione? Come e quando ci possiamo aspettare maggiore chiarezza?
Potrebbe essere utile che qualche ente proponga un interpello ambientale al MASE al fine di chiedere chiarimenti sul punto. Inoltre, è possibile che ciascuna regione, nell’individuare le aree idonee ai sensi del Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 21 giugno 2024, semplifichi e chiarisca tali aspetti.
Spiegate poi che, l’art. 22 bis co. 1 del D.lgs. 199/2021 stabilisce che “l’installazione, con qualsiasi mezzo, di impianti fotovoltaici a terra e delle relative opere connesse e delle infrastrutture necessarie, ubicati in zone e aree destinate ad uso industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discariche chiuse e ripristinate o in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è soggetta all’acquisizione di autorizzazioni”. Giusto? Considerato quello che abbiamo detto finora cosa vuol dire?
Sì, l’art. 22 bis del D. Lgs. 199/2021 classifica come “interventi di ordinaria manutenzione” gli impianti fotovoltaici localizzate in aree già compromesse. Tali interventi ricadono nel regime autorizzativo dell’edilizia libera, per cui non è necessaria alcuna autorizzazione per la loro realizzazione, salvo il rispetto di quanto disposto dall’art. 6 co. 1 del DPR 380/2001 che esordisce al primo periodo specificando che sono “Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio”.
Per le Solar Belt, cosa è cambiato con il DL Agricoltura? Quando ci sarà certezza normativa in merito? Siete a conoscenza di ricorsi?
Il DL Agricoltura non ha portato novità sulle solar belt, ha solo ristretto la possibilità di utilizzare il suolo agricolo per la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra.
Ritornando a cave e miniere, secondo voi, l’unica possibilità è quella di installare a terra o sono possibili, ed economiche, soluzioni diverse come il flottante, per esempio? Il legislatore prevede delle preferenze tecnologiche in merito?
La possibilità di realizzare impianti fotovoltaici flottanti è prevista dall’art. 9-ter del DL 17/2022. Per cui gli impianti fotovoltaici con potenza fino a 10 MW, unitamente alle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica, collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione, sono autorizzabili mediante PAS. Al momento non rileviamo un regime preferenziale.
È possibile quantificare il potenziale fotovoltaico di tutte le cave in Italia?
I dati indicati nel Rapporto Cave di Legambiente sono del 2021 (alcuni anche precedenti), sarebbe utile un aggiornamento istituzionale sul punto.
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