Il dibattito sull’agrivoltaico è ancora caratterizzato da confusione e polarizzazione, anche a causa della mancanza di informazioni disponibili in materia. Questo secondo il 75% dei rispondenti al sondaggio Greentech in Emilia Romagna, dal quale comunque emerge che è già chiaro, almeno a molti operatori, che l’agrivoltaico è uno strumento per aggiungere una fonte di reddito per gli agricoltori e per stabilizzare il costo dell’energia. Ma questo richiede una propensione all’innovazione da parte degli agricoltori che non può essere data per scontato.
Il Clust-ER Energia e Sviluppo sostenibile (Greentech) è un’associazione senza fini di lucro di imprese (62%), centri di ricerca ed enti di formazione dell’Emilia Romagna che collaborano nell’ambito dello sviluppo sostenibile. Greentech ha un gruppo di lavoro sull’agrivoltaico che ha poi elaborato e analizzato il sondaggio. Ha condotto 27 interviste tra gennaio e febbraio 2024. Greentech è associato dell’Associazione italiana agrivoltaico sostenibile (Aias).
I risultati sono chiari per quanto riguarda gli obiettivi finali e gli strumenti teorici per raggiungerli (specialmente riconoscere maggiore valore alle comunità locali), mentre non è chiaro l’approccio da seguire per raggiungere questi obiettivi, specialmente nella gestione delle regole esistenti.
Aree di convergenza
Tutelare la quantità e qualità della produzione agricola è risultato essere fondamentale per circa il 70% dei soggetti intervistati, spiega il paper sull’indagine. Il 70% dei rispondenti poi richiede maggiori attività di ricerca in merito, con il 55% che vorrebbe un database pubblico dei risultati dei progetti agrivoltaici incentivati.
Secondo l’80% dei rispondenti, il recupero dei terreni sottoutilizzati faciliterebbe l’accettabilità sociale, mentre secondo il 60% l’agrivoltaico sarebbe accettato di più nel caso venisse favorito lo sviluppo di progetti con un impatto sulla comunità.
Secondo il 60% dei rispondenti l’agrivoltaico è fonte di confusione per la mancanza di modelli contrattuali.
Dubbi
Non c’è una maggioranza su una serie di temi, tra cui la revisione dei parametri per il monitoraggio del valore della produzione e per l’approccio alle regole vigenti.
Meno chiara invece la posizione dei rispondenti sulle Linee Guida del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase): il 50% chiede di rivedere i requisiti d’altezza minima dei moduli per un approccio più basato sul singolo progetto, mentre il 40% chiede di rivedere in senso meno stringente il tema della superficie occupata dai moduli rispetto alla superficie totale.
“La superficie interessata dalla potenziale installazione di sistemi agrivoltaici, in vista degli obiettivi regionali rispetto alla produzione di energia rinnovabile, si attesterebbe attorno a circa lo 0,5% della Superficie agricola utilizzata (SAU) regionale. Tuttavia, dato il trend crescente di riduzione della produttività agricola dovuto a fattori ambientali e di mercato, aumenta per i soggetti intervistati l’importanza di tutelare al massimo la produzione agricola”, si legge nel documento.
Gli impianti agrivoltaici, definiti come quelli atti a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione, sono presentati in tre categorie: elevati, interfilari e verticali.
Secondo le autorità regionali, l’Emilia-Romagna, anche attraverso questo lavoro di ricerca, si posiziona tra i leader in Italia per l’agrivoltaico.
“La Regione Emilia-Romagna si attesta tra le prime tre regioni italiane per potenzialità di uso di suolo agrivoltaico: è la conferma della vocazione all’uso plurale e integrato del territorio, dove lo stesso suolo può produrre, allo stesso tempo, cibo ed energia”, ha detto Claudia Romano, dirigente del dipartimento Energia ed Economia Verde della regione.
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