Sebbene persistano alcuni dubbi sul numero di aste FerX che saranno lanciate entro fine anno, gli esperti intervenuti alla prima giornata di Renpower in corso a Milano convergono sul fatto che il forte interesse per il FerX potrebbe riservare delle sorprese.
“Se ci fosse una fortissima partecipazione, i prezzi potrebbero andare ancora più in giù rispetto al prezzo minimo di riferimento. In scenari verosimili, il prezzo è strutturalmente più basso dei 70 €/MWh , spesso più basso del prezzo minimo, ovvero 65 €/MWh, e in alcuni casi sotto i 60 €/MWh”, ha detto Matteo Coriglioni, head of Italy, Aurora Energy Research, parlando della prima asta.
“Questo dipenderà dal contingente effettivamente allocato per questa prima asta”, ha detto Coriglioni a pv magazine Italia.
Nel decreto Mase pubblicato oggi, il prezzo di esercizio per gli impianti fotovoltaici di potenza superiore al MW è di 80 €/MWh con un minimo di 65 €/MWh e un massimo di 95 €/MWh.
“Non ci sarà un contingente fisso, ma una curva di domanda dinamica. Così da garantire un certo livello di competizione”, sottolinea Matteo Coriglioni, head of Italy, Aurora Energy Research.
Secondo Coriglioni, una o due le possibili aste nell’anno in corso.
Le aste saranno competitive perché anche un prezzo di 65 €/MWh fornisce valori più alti rispetto alle altre possibilità presenti ora sul mercato. Le aste garantiscono poi una sicurezza dei ricavi.
Secondo MBS Consulting, la competitività delle aste FerX potrebbe essere in alcuni casi anche superiore al livello minimo del 10% stabilito dal meccanismo transitorio. Simona Soci, engagement manager della società di consulenza, spiega che ci dobbiamo comunque aspettare solo un’asta nell’anno in corso.
“Ci sembra improbabile che si riesca ad avere più di un’asta nel 2025, considerando di avere le regole operative ad aprile e la partenza della prima asta tra giugno e luglio con i risultati ad ottobre. Il target di almeno due all’anno dovrebbe essere rispettato dal 2026 al 2028″.
In totale, però, gli strumenti esistenti potrebbero garantire il 50% della nuova capacità che dovrebbe essere realizzata al 2030, con un’assegnazione di circa il 45% per Fer2 e FerX e del 60% per l’Energy Release. Questo a condizione di processi autorizzativi e regolatori efficienti.
Soci ha sottolineato come i ritardi nel lancio di questi meccanismi comporti un’attesa che mina la sicurezza degli investitori, con una diminuzione della capacità in via di costruzione, nonostante il forte interesse dovuto agli prezzi dell’energia in Italia.
Il FerX rimane al momento lo schema più interessante per molti e tanti progetti rimangono in attesa, per capire se riusciranno a rientravi.
“La regolazione non è completa. Il TUFER è un passo in avanti, ma esiste il rischio che generi ulteriori colli di bottiglie a livello regionale”, ha detto Soci.
Altro tema rilevante è come verranno pagati strumenti come FerX e Energy Release.
“Chi pagherà per il FerX? Rientreranno negli oneri di sistema?” Se lo chiede Soci, mentre Michele Soldavini, head of energy markets di Alens, si chiede come verrà finanziato l’Energy Release.
Secondo gli scenari di Alens, dato che la maggior parte degli energivori non realizzerà direttamente gli impianti, ma lo farà per via di aggregatori (che possono essere developer puri, ESCo o multi-utility), lo sconto ottenibile effettivo ottenibile attraverso la partecipazione all’Energy Release dovrebbe essere di circa 15 €/MWh.
Secondo Lorenzo Parola, founding and managing partner di Parola Associati Law Firm, lo schema Energy Release era originariamente pensato per stimolare la creazione di consorzi tra energivori, e non il ricorso agli aggregatori da parte delle aziende che partecipano al sistema di supporto.
“L’errore è stato anche delle associazioni di settore e dalla mancanza di una comunicazione corretta in merito”, ha detto Parola.
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