Jinko Power riporta di aver consolidato una pipeline in Italia da circa 300 MW, al momento progetti brownfield, ma punta a duplicarla nell’anno in corso, acquisendo anche progetti Ready-to-Build.
“Il 50% è batterie, il 50% è fotovoltaico. Vogliamo arrivare almeno a una pipeline di 600 MW. Al momento abbiamo già oltre 3 GW installati in Cina e stiamo lavorando a una serie di progetti in Europa, come l’impianto Antequera da 170 MW in Spagna”, ha detto Felice Lucia, country manager Italy di Jinko Power, a pv magazine Italia.
Per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici, si tratta solo di progetti agrivoltaici, anche avanzati, ma non rientranti nel bando agrivoltaico “perché troppo complicato”.
Considerazioni finanziarie
La crescente attenzione dei player cinesi al mercato downstream italiano sta però aumentando la pressione sulle poche “buone autorizzazioni”, i cui prezzi ora stanno aumentando.
Jinko Power ha un hurdle rate in Italia di circa l’8%. L’hurdle rate è il tasso minimo di rendimento finanziario richiesto ad un investimento per poter essere considerato.
A causa della diminuzione dei tassi d’interesse, Jinko Power potrebbe presto aumentare la disponibilità finanziaria e interessarsi anche a progetti più costosi. Il debito legato ai progetti in Italia è infatti locale.
“Stiamo discutendo con degli sviluppatori. Stiamo considerando di dare un prezzo base minimo per coprire i costi, per esempio intorno ai 50-60.000 euro a MW per un progetto da 10 MW, più diamo un premio con profit share a seconda di quanto vendiamo l’impianto. Possiamo dare anche 100.000 euro in più a MW, per esempio, quando l’impianto è a COD”, ha detto Lucia.
COD (Commercial Operating Date) è la data in cui l’impianto inizia a essere remunerato per l’energia elettrica prodotta.
Sul mercato, dice Lucia, il prezzo di un impianto in procedura abilitativa semplificata (PAS) è di circa 80-130.000 euro al MW. “Un grande impianto costa anche di più. C’è qualcuno che ha parlato pure di 150.000-200.000 euro, ma penso sia esagerato, anche se il mercato sta andando in rialzo”, ha detto Lucia.
Il rischio normativo in Italia è comunque in diminuzione, riporta il country manager Italy di Jinko Power.
Progetti di Jinko Power in Italia
La società riporta inoltre di aver cambiato la propria strategia interna per valutare i progetti, abbandonando la logica dell’Lcoe e abbracciando invece un approccio basato sul Capture Price, spiegando che in ogni caso è difficile dare una stima puntuale del Capture Price in Italia.
Al momento Jinko Power sta pensando di coltivare fichi d’India sotto gli impianti, ma sta anche operando test con pascoli e apicoltura. L’idea è di avere accesso all’autorizzazione semplificata dell’agrivoltaico avanzato senza chiedere incentivi. Il modello di business prevede poi la collaborazione con società agricole locali.
In funzione delle geografie, poi, i progetti BESS avranno caratteristiche diverse.
“Abbiamo tre progetti di batteria, tutti stand alone. Riteniamo però che in regioni come la Sicilia gli impianti di colocation per batterie possano risultare maggiormente profittevoli”.
Collaborazione tra Cina e Italia
Lucia ha confermato l’intenzione della Cina a investire in Italia, uno dei mercati più importanti per i produttori cinesi.
“La nostra strategia è sviluppare impianti e, nel lungo periodo, diventare un IPP (Independent power producer, ndr) e produrre energia”, ha detto Lucia.
Jinko Power, società distinta da JinkoSolar, con cui condivide però la proprietà, non compra pannelli della società cugina per progetti in Italia.
“Siamo tra virgolette slegati da JinkoSolar per i moduli: non abbiamo l’obbligo di comprare JinkoSolar. Invece altri produttori hanno la divisione sviluppo all’interno della società e quindi hanno quasi un obbligo. Noi invece abbiamo un business completamente separato”, ha puntualizzato Lucia.
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