pv magazine Italia ha parlato con Patrick Donati, founder and managing director di Terrawatt. Donati spiega che il Dl Agricoltura sta già creando confusione tra gli investitori internazionali, contribuendo a uno scenario di prezzi dell’energia in Italia fuori scala rispetto al resto dell’Europa, ma che è necessaria la conversione in legge del decreto prima di capire quale sarà la conseguenza del decreto sui consumatori finali. Secondo Donati gli investitori internazionali non avrebbero grande interesse a investire in agrivoltaico in Italia, mentre gli agricoltori di medie dimensioni sono spesso felici di ospitare un impianto a terra, così da integrare fonti di reddito.
pv magazine: Può commentare il Dl Agricoltura? Quali sono le conseguenze principali? Grande confusione e poi? Rischi per gli investitori internazionali?
Patrizio Donati: Il DL Agricoltura ha avuto un effetto chiaramente misurabile sul mercato italiano del fotovoltaico – creare incertezza. In un momento storico dove il mondo occidentale sta spingendo sullo sviluppo di energia rinnovabile, poche settimane dopo aver firmato un accordo con il G7 a Torino per triplicare la potenza installabile di energia rinnovabile, arrivare a piantare un freno sulla modalità di installazione fotovoltaica con i costi piu bassi manda messaggi confusi che, come sappiamo, hanno un impatto negativo sulla fiducia degli investitori sia italiani che internazionali. Infatti, dato che al momento molti paesi stanno lavorando e investendo sullo sviluppo di energia rinnovabile, è importate al livello nazionale poter attrarre le giusta capacità e i giusti investimenti per favorire la transizione energetica.
Cosa vuol dire per i consumatori di energia? Potrebbe avere un effetto “positivo” sui prezzi, aumentando ulteriormente il gap tra il mercato elettrico italiano (stabilmente il più caro in Europa) e gli altri mercati elettrici europei?
Per i consumatori, costi di installazione più alti vuol dire un LCOE più alto. Il DL agrivoltaico ha vietato l’installazione di “ground mount solar” su terreno agricolo, la soluzione fotovoltaica più economica da vari punti di vista – i terreni agricoli sono i meno cari disponibili (fino ad ¼ il costo delle aree industriali), le installazioni a terra costano fino al 30% in meno degli agrivoltaici, e gli Opex per gli impianti fotovoltaici beneficiano di grandi economie di scala, quindi più grandi sono gli impianti meno gli Opex incidono a kW. Togliendo questa opzione, non soltanto si alza il prezzo minimo di energia che gli investitori sono disposti ad accettare, ma si alzano anche i prezzi che il consumatore finale potrà ricevere man mano che più impianti vengono collegati alla rete. In più, bisogna considerare un altro impatto – questa incertezza creerà altri rallentamenti nello sviluppo delle rinnovabili, quindi allungando il periodo di tempo nel quale il consumatore italiano si troverà a dover consumare elettricità prodotta con fonti fossili, che hanno per definizione un costo marginale più alto.
Può presentare dati sul LCOE in Italia, comparando utility scale su terrenti agricoli, altri progetti utility scale, progetti su tetti e progetti agrivoltaici?
A grandi linee, un impianto fotovoltaico utility scale “vanilla” ha un LCOE tra i 40-60 €/MWh, un impianto agrivoltaico tra i 50-75 €/MWh, e un impianto su tetto tra i 90-110 €/MWh.
Alti sussidi potrebbero aggravare la situazione per i consumatori italiani. In che modo?
In genere i sussidi possono essere offerti in due modi – al consumatore o al produttore, per favorire il consumo o per favorire la produzione qualora i prezzi di mercato non siano sufficienti per portare la tecnologia al break even. Il decreto FER X mira a fare questo, stabilire un price floor per i progetti di energia rinnovabile. Questo perché le rinnovabili non hanno costo marginale di produzione, e quindi un minimo di sostegno è essenziale per mantenere l’attrattività di questi progetti.
Rischiamo il ripetersi del 2012 per il mondo fovoltaico italiano?
Al momento non sembra essere cosi grave la situazione, il 2012 ha portato un blocco totale, ad oggi sembra esserci principalmente un rallentamento. Bisogna aspettare la conversione in legge del decreto per avere un quadro completo.
Ci saranno comunque dei vincitori. Quali sarebbero? Il valore dei progetti già in approvazione aumenterebbe, giusto? Quindi sostanzialmente il mercato sarebbe congelato e nuovi investitori non entrerebbero mai nel panorama italiano?
Al momento, non abbiamo chiarezza su quale potrebbe essere l’impatto finale di questa norma. Ad oggi sembrerebbe logico che il prezzo di mercato per gli impianti autorizzati o in via di autorizzazione su terreno agricolo “vanilla” salirebbe, poiche gli investitori sarebbero disposti a pagare un importo piu alto di prima data la possibilità di realizzare questi impianti con costi piu bassi. Al momento, il mercato di sviluppo è in “stallo” in attessa della conversione in legge del decreto.
Nel caso fosse necessario focalizzarsi solo sui progetti agriPV, questi chiaramente non susciterebbero particolare interesse tra gli investori internazionali, corretto?
L’agriPV non è un “male” per il mercato, ma crea un po di complicazioni in più rispetto al PV a terra. Non solo bisogna avere un programma di coltivazione per la vita dell’impianto, ma bisogna anche attivamente coltivare il terreno in linea con quel piano. In genere, a netto di piantagioni privilegiate quali uliveti e castagneti, molte coltivazioni si pianificano di anno in anno. Gli impianti fotovoltaici hanno una vita utile di 20 anni minimo. In più stiamo vivendo un periodo di cambiamento climatico, dove la terra rende sempre di meno per via di cambiamenti di precipitazione e temperature. Sarebbe impossibile per un investitore da gestire? No, sicuramente una soluzione si può trovare. Ma un investitore internazionale, cioè quelli con il capitale da ingaggiare in queste operazioni, sarebbe necessariamente contento di dover gestire un progetto con queste caratteristiche in Italia, con tutte le complicazione e rischio che esso comporta?
Potrebbero sorgere ulteriori problemi con la programmazione della rete italiana, giusto? Può spiegare anche eventuali differenze regionali?
La maggioraparte dei grandi sviluppi di energia rinnovabile al momento sono concentrati al centro e al sud. Se gli investitori preferiscono non sviluppare agrivoltaico, o sviluppare soltanto su aree industriali/cave/discariche, questo potrebbe limitare fortemente gli sviluppi al nord, dove c’e più richiesta di energia.
Cosa pensano secondo lei gli agricoltori italiani del DL Agricoltura?
Gli agricoltori con cui parliamo sono contenti di avere un impianto fotovoltaico sul proprio terreno. Questo perche i cashflows fissi dall’impianto gli permette di avere una sicurezza in più rispetto ai cashflows incerti dall’agricoltura, che dipendono da tanti fattori incluso il clima.
Cosa pensa lei delle linee guida sull’agrivoltaico appena passate dal MASE?
Il settore ha bisogno di certezza per poter allocare il proprio capitale nella maniera più efficiente, per il beneficio di tutti. Nello specifico, certezza normativa permette di pianificare al meglio l’attività aziendale. Il contributo a fondo perduto può fornire il sostegno giusto al settore nello sviluppo di queste soluzioni innovative.
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