Progetti sopra i 10 MW, urbanista spiega perché il MIC dovrebbe essere più collaborativo

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pv magazine Italia ha parlato con Alessandro Visalli, architetto e urbanista con venticinque anni di esperienza nella consulenza ambientale. Abbiamo cercato di capire i cambiamenti recenti in campo autorizzativo per progetti sopra i 10 MW, chiedendo anche consigli per i proponenti.

pv magazine: Quale il senso generale del suo post sui progetti fotovoltaici discussi nelle plenarie degli ultimi tre mesi? 

Alessandro Visalli: Si tratta di un esercizio che ripeto ogni tanto, verificare come i procedimenti per impianti fotovoltaici procedono al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). In sostanza ho verificato tutti i progetti che sono stati discussi nelle Plenarie della Commissione Pniec-Pnrr, preposta all’analisi dei progetti fotovoltaici di taglia superiore a 10 MW. Intendevo verificare la sensibilità alla potenza e la frequenza e tempi della chiusura procedimenti. In generale si rileva che la Commissione sta accelerando e ora procede alla media di 200 progetti l’anno (il doppio circa di quella dell’anno scorso), ma il Ministero della Cultura (MIC) continua a tardare.

Il suo consiglio è “quando si riceve un parere negativo del MIC controdedurre sempre e, se del caso, valutare se sacrificare la parte di impianto che non risulta in area “idonea” (in sostanza quella che ricade nel buffer 500 metri da un bene Parte Seconda del D.Lgs. 42/06, ovvero vincolato art. 13), per rientrarvi integralmente”. Quali sono i rischi della controdeduzione?

Una delle cose più significative è che solo il 28% dei 56 progetti licenziati dal MASE hanno ad ora ricevuto il parere di competenza del MIC, ma questo è negativo in tre quarti dei casi. Ci sono, tuttavia, solo due casi di rinvio alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e questa è una novità. Nella pratica precedente la maggior parte dei progetti terminavano ad intasare la Presidenza e in questo modo erano posticipati di oltre un anno. Quel che è accaduto è che il MASE ha evidentemente generalizzato l’applicazione di una possibilità che ha ricevuto dalla legge, per la quale, ai sensi del art. 22, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 199/2021, in impianti in “aree idonee” il parere del MIC non è vincolante. Dunque quando il MIC, su richiesta del MASE, conferma che l’intero impianto, al netto delle opere di connessione, è in area “idonea”, il Decreto esce. Nell’ultimo trimestre questo è avvenuto nove volte. 

Ne deriva un consiglio ai proponenti: la cosa più importante di un progetto è essere interamente in area “idonea”, quindi qualora una piccola parte del progetto non lo sia (ovvero, quando essa sia a meno di 500 metri da un bene vincolato che faccia scattare il disposto del art. 20, c.8, c-quater del citato D.Lgs. 199/2021) è meglio per tempo proporre una modifica volontaria e toglierlo. Inoltre, ed a ogni conto, se si riceve un parere negativo dal MIC è decisivo controdedurre per tempo, in modo che il MASE ne possa tenere conto. La fase di decretazione prevede, infatti, una nuova attività di concertazione tra i due ministeri. Non vedo controindicazioni a questa pratica.

Altrimenti consiglia appunto di sacrificare una parte dell’impianto. Vuol dire che i progetti in questo momento possono e devono essere rimodulati?

In effetti i progetti sono quasi sempre rimodulati in minus durante il procedimento di autorizzazione, in genere ricevono prescrizioni in tal senso che, talvolta, possono essere anticipate volontariamente accedendo ad una concertazione con le Commissioni. Noi lo abbiamo fatto utilmente diverse volte. Normalmente si ridisegnano i bordi, si rinuncia a qualche piastra più piccola, si creano fasce di continuità ecologica, si aumenta qualche spessore della mitigazione. È importante comprendere quali sono i punti deboli percepiti dagli enti e lavorare per risolverli.

Il MIC ha rilasciato il proprio parere solo per il 28% dei progetti. Cosa vuol dire? Il MIC ha in pratica il potere non solo di emettere pareri negativi, ma anche di rallentare il processo, corretto? Quali sono le tempistiche in generale per i pareri del MIC?

Normalmente il MIC, che a sua volta deve ricevere il parere endoprocedimentale delle due soprintendenze territoriali e aggregarlo da parte della Soprintendenza Speciale Pnrr, è significativamente più lento del MASE. In un nostro caso, malgrado numerosi solleciti ci ha fatto aspettare nove mesi (ed alla fine ha dato parere favorevole). L’analisi dei progetti licenziati negli ultimi tre mesi, ovviamente, non può registrare significativi ritardi del MIC, ed infatti due terzi dei pareri sono precedenti a quelli del MASE (in due casi di oltre un anno). Noi stessi abbiamo un caso in cui il MIC si è espresso due mesi prima. Ma l’analisi dei progetti esitati nel 2023, che avevo fatto a fine anno scorso, indica un ritardo medio di un mese con punte di otto-nove mesi. Il tempo di norma è venti giorni.

In base alla sua esperienza, ci sono alcuni fattori standard che spingono il MIC a rilasciare parere positivo? Quali invece gli elementi che spingerebbero il MIC a rilasciare parere negativo? Ha dei casi pratici a cui fare riferimento?

Questa domanda è difficile, credo che il fattore più rilevante sia l’essere in “area idonea”, quindi l’impatto paesaggistico specifico e la qualità della mitigazione (normalmente davvero carente), la compattezza e dimensione del progetto. I principali fattori negativi sono l’interferenza con numerosi altri progetti, la frammentazione del progetto che in tal modo impegna un più ampio territorio, le caratteristiche del territorio stesso, ovviamente il generale atteggiamento di protezione e difensivo che è peraltro normale per la caratteristica dell’Ente. Come caso potrei citare tre pareri favorevoli che abbiamo ricevuto: in tutti c’è stata una significativa interazione con la struttura del MIC, o la Soprintendenza, durante la quale le loro osservazioni sono state incorporate, se pure in parte, nel ridisegno del progetto o della mitigazione. In due casi ciò ha comportato sacrificio di una parte del progetto, in una solo definizione diversa della mitigazione. Naturalmente ci sono anche casi in cui, malgrado lo sforzo, non c’è stata disponibilità a modificare il parere che è stato superato nel resto del procedimento.

Se posso commentare questo atteggiamento, ritengo che danneggi lo stesso paesaggio, nel senso che un atteggiamento più aperto e proattivo da parte del MIC aiuterebbe a trasmettere ai proponenti il messaggio che la qualità progettuale paga. Ora come ora il sentimento diffuso è che tanto il MIC dice sempre no e quindi non vale la pena di investire sulla mitigazione paesaggistica o il design delle piastre fotovoltaiche.

Dei pareri rilasciati solo il 33% è positivo. Si parla di 100 MW di potenza. Quali sono secondo lei le possibili tempistiche per la realizzazione di questi progetti? 

Questo ora dipende dalle regioni. Circa un paio di mesi dopo l’emissione dei Pareri il Decreto di VIA viene pubblicato, ma allora si passa alla Conferenza di Servizi (CdS) in Regione per l’emissione dell’Autorizzazione Unica (AU). Anche qui la norma prevede tempi stringenti, ma non sono praticamente mai rispettati. Direi che mediamente per l’emissione dell’autorizzazione finale può essere stimato almeno un anno e mezzo. Poi ci sono i tempi per i ricorsi (quattro mesi) ed, infine, per l’approvazione dell’esecutivo (che richiede da sei mesi in avanti). Quindi direi che al minimo (connessione alla rete di Terna permettendo) si parla di due o tre anni.

Presume un trattamento o comunque una percezione diversa da parte del MIC anche in funzione della potenza (e quindi delle dimensioni) dell’impianto?

Sicuramente, al contrario del MASE, che ha come obiettivo mettere a terra la potenza richiesta dalle norme e piani entro i termini previsti e quindi favorisce i grandi impianti, il MIC ha come obiettivo proteggere il paesaggio e i beni culturali da una trasformazione eccessiva o troppo rapida. Quindi i due Ministeri hanno una funzione di obiettivo opposta. I pareri positivi del MIC sono all’estremo più basso della distribuzione. Siamo in attesa, con un nostro progetto davvero grande che ha ricevuto parere favorevole del MASE e della Regione di competenza (la Puglia), di leggere quello del MIC per vedere se a questa regola ci sono eccezioni.

Dei 56 progetti per un totale dei 3.863 MW che hanno ricevuto Parere CT_VIA, metà ha potenzia superiore a 50 MW. Quasi il 27% ha potenza superiore a 100. Perché secondo lei ci sono così tanti progetti sopra i 100 MW?

Credo ci siano essenzialmente due ragioni: la prima è che i progetti fotovoltaici sono estremamente sensibili alle economie di scala. In questo momento di transizione le proiezioni di redditività sono abbastanza limitate e progetti piccoli soffrono molto, a meno di essere davvero vicinissimi alla rete. Abbiamo ricevuto un Decreto di VIA per un progetto che era già sotto la soglia mediana e che è stato decurtato a tal punto che stiamo ragionando se proseguirlo. La seconda è che come si vede dall’analisi in effetti il MASE apre i protocolli in funzione della potenza, uno sotto la soglia ed uno sopra. Ma quello sopra la soglia sembra essere sensibile alla potenza, abbiamo appunto un progetto sopra i 200 MW che è stato concluso in circa un anno, e non è l’unico caso. 

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