Per quanto il mondo del fotovoltaico sia unito (o quasi) nel criticare le misure dell’amministrazione sarda, non mancano delle voci che fanno un mea culpa, sottolineando gli errori del mondo dell’energia. Errori che potrebbero essere concausa dell’attuale situazione in Sardegna, alla base dell’opposizione locale insieme a una serie di campagne di disinformazione portate avanti da soggetti che hanno interessi opposti alle rinnovabili.
BFP ha una buona visuale sul settore dello sviluppo di nuovi impianti fotovoltaici. Oltre ad essere direttamente progettisti definitivi di molte iniziative per diversi clienti, anche importanti, in tutta Italia, agisce anche da technical consultant per l’acquisizione di progetti e come owner’s engineer per supportare i clienti nello sviluppo.
“Denunciamo ormai da anni il ritorno nel settore dello sviluppo di nuovi progetti della speculazione anche più pesante e potente di quanto successo già nel 2008- 2012. Infatti in questa tornata sono aumentate considerevolmente le potenze degli impianti ed è stato anticipato il momento speculativo che è passato ai progetti autorizzati al quasi nulla cosmico ovvero alla STMG (a volte solo richiesta) e al contratto preliminare dei terreni. Ne consegue che quello che si mercanteggia, oltre ad avere un valore tecnico esiguo, è anche fatto con pessima qualità da sviluppatori improvvisati”, ha detto Gianluca Biagio Biscotti, fondatore di BFP.
Biscotti sottolinea che la società di Modugno (Bari) si trova “troppo spesso” a valutare siti proposti che andrebbero meglio per il pascolo delle capre di montagna che per l’installazione dei tracker.
“Purtroppo, questa invasione di “progetti” fatti più per essere ceduti ai finanziatori in fase embrionale che devono creare le famose pipeline che per essere realmente portati a termine, ha da una parte saturato la rete impedendo a progetti seri di poter accedere in modo semplice e veloce alle infrastrutture e dall’altra parte ha nuovamente gettato sul fotovoltaico a terra una cattiva luce presso l’opinione pubblica facendolo associare più ad una attività speculativa, e quindi da demonizzare, che alla energia principe tra quelle rinnovabili. La cattiva politica poi ha fatto il resto”, ha detto Biscotti a pv magazine Italia.
La soluzione? Secondo il fondatore di BFP è necessaria una forte spinta di controllo soprattutto sulle soluzioni di connessione per epurare tutte quelle iniziative “speculative”. “Lo si chiede ormai da oltre un decennio, speriamo che prima o poi qualcuno ascolti”.
Per quanto riguarda la Sardegna, Biscotti non si sbilancia troppo, ma sottolinea che questi meccanismi hanno delle ripercussioni, creando un danno d’immagine per tutto il settore.
“La Sardegna è in linea con il resto dell’Italia in termini di speculazione e i risultati sull’opinione pubblica si sono visti”, ha detto Biscotti.
Non si risponde alla disinformazione con altra disinformazione
Oltis Dallto, in un suo post su LinkedIn, ha spiegato che, in realtà, la situazione sarda è stata fraintesa anche dal mondo del fotovoltaico. Secondo l’esperto di agrivoltaico, le decisioni politiche prese dall’amministrazione regionale non sono state comprese a fondo. Ha così scritto di alcuni miti sul fotovoltaico in Sardegna.
Riporta che la Sardegna non ha bloccato le FER moratoria. “Ad esclusione dei progetti fuori dalle Z.I, il PV “industriale” e tutti gli altri segmenti del settore non sono interessati”.
Difende poi il piano sardo, almeno in parte, sottolineando la coerenza del piano sulle aree idonee ai principi dell’UE.
“Con le aree idonee, la Regione Autonoma della Sardegna ha previsto che circa l’1% del suo territorio venga destinato alle FER. Tanti, fino a qualche mese fa, annunciavano che è sufficiente solo lo 0,1% della superficie nazionale per soddisfare i target 2030 ma, adesso che l’isola offre 10 volte tanto, questo numero non basta più. Le aree definite nell’allegato F rispettano i principi dell’UE sulla diffusione delle FER dando la preferenza alle “brownfield”. Da un giorno all’altro, anche questo non va più bene. Ne abbiamo tantissime qui nell’isola, regalo di chi, come oggi, offriva”treni carichi d’oro”. Ripristinare e risanare tali aree deve essere il vero target di progetti sostenibili da presentare”, ha detto Dallto, residente in Sardegna.
Aggiunge poi che, se da una parte, è vero che la Sardegna ha le maggiori emissioni di CO2 “pro capite”, allo stesso tempo è la terza Regione con più solare “a testa” installato.
“Infine, 200mila firme contro e 2mila persone in piazza è un chiaro segnale che qualcosa in questi progetti presentati in Sardegna non ha funzionato. Questa non è NIMBY, ma social acceptance fatta male o meglio ancora, inesistente. Quel coinvolgimento del territorio e delle comunità interessate che tutti abbiamo l’obbligo morale e sociale di fare, non per il proprio portafoglio, ma per garantire la sostenibilità alle generazioni future”, conclude Dallto nel suo post LinkedIn.
Quindi? Si tratta di un tipping point?
Per quanto non sia stato ben accolto da tutto il mondo del fotovoltaico, il senso del post di Dallto è forse la necessità di una riflessione. Il processo normativo in Sardegna potrebbe infatti rappresentare un’occasione per capire che progetti fotovoltaici richiedono un rapporto con il territorio e una conoscenza delle aree su cui si vogliono installare nuovi impianti.
Come sottolineato di recente da un’analisi di CAN Europe sull’Italia la generale mancanza “di impegno con la società civile durante il processo di stesura delle leggi è un errore”. Quindi sicuramente un errore è stato commesso a livello politico. Ma è forse un errore anche non prendere in considerazione le specificità locali. E quindi anche gli sviluppatori hanno un ruolo nell’attuale complessità, normativa e politica, prestandosi così agli interessi delle fossili e a “false soluzioni” come CCS e nucleare.
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