La Cina è attualmente il Paese con i costi più bassi per la produzione delle principali tecnologie energetiche pulite prese in considerazione nell’ultimo rapporto Energy Technology Perspectives 2024 (ETP-2024), pubblicato mercoledì dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE o IEA). Questo senza considerare il sostegno finanziario esplicito dei governi.
Produrre moduli fotovoltaici, turbine eoliche e batterie costa in media fino al 40% in più negli Stati Uniti, fino al 45% in più nell’Unione Europea e fino al 25% in più in India.
In base alle politiche attuali, le importazioni nette di combustibili fossili e tecnologie energetiche pulite raggiungeranno i 400 miliardi di dollari nel 2035 in Europa.
L’Europa
L’Unione Europea è attualmente il più grande importatore di moduli fotovoltaici al mondo, con una produzione interna che copre poco meno del 15% della domanda nel 2023. Le importazioni – principalmente dalla Cina e dal Sud-Est asiatico – sono state invece sufficienti a coprire la maggior parte della domanda, portando a un significativo aumento delle scorte, che in quell’anno si sono attestate a circa tre volte il livello delle installazioni annuali.
La quota dell’UE nella capacità produttiva globale del solare fotovoltaico è scesa a meno dell’1%. L’unica eccezione a questa tendenza è il polisilicio, di cui l’Unione Europea detiene il 3% dell’offerta mondiale grazie all’elevata purezza del polisilicio prodotto in Germania, che viene ancora esportato in Cina.
Secondo l’AIE, nel 2035 l’UE rimarrà il principale importatore mondiale di moduli, con il principale cambiamento dovuto al fatto che alcune importazioni arriveranno dagli Stati Uniti. La produzione nazionale si aggira intorno ai 7 GW, poiché al momento non ci sono annunci significativi di espansione della produzione; al contrario, ci sono indicazioni che la capacità produttiva di moduli esistente potrebbe essere ridotta.
Politiche e sostegno
Un’indagine condotta dall’AIE su oltre 50 grandi produttori di tecnologie pulite e sulle catene di fornitura dei materiali rivela che le decisioni di investimento sono influenzate da fattori diversi dai costi. Questi includono varie forme di sostegno politico, l’accesso al mercato, le capacità e le competenze della base industriale e le infrastrutture.
L’AIE osserva che “i governi devono conciliare il loro impegno a favore di mercati ben funzionanti e di transizioni energetiche pulite efficaci dal punto di vista dei costi, da un lato, e la necessità di creare catene di approvvigionamento di tecnologie pulite sicure e resilienti, dall’altro. Ciò significa fare scelte difficili su quali industrie sostenere, come strutturare le relazioni commerciali e dove dare priorità agli sforzi di innovazione”.
Il rapporto conclude che, al di là dell’estrazione e della lavorazione dei minerali critici, le economie emergenti e in via di sviluppo potrebbero sfruttare i loro vantaggi competitivi per risalire la catena del valore. Ad esempio, il Sud-Est asiatico potrebbe diventare uno dei luoghi più economici per la produzione di polisilicio e wafer per i pannelli solari nei prossimi 10 anni, mentre l’America Latina – in particolare il Brasile – ha il potenziale per espandere la produzione di turbine eoliche da esportare in altri mercati delle Americhe. Il Nord Africa ha le risorse per diventare un polo produttivo per i veicoli elettrici nel prossimo decennio, mentre diversi Paesi dell’Africa subsahariana potrebbero produrre ferro con idrogeno a basse emissioni.
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