pv magazine ha parlato con Giovanni Di Stefano, head of robotics engineering presso Comau. La società del gruppo Stellantis ha spiegato in quali segmenti del fotovoltaico si aspetta di ricoprire un ruolo centrale nei processi di automazione: per lo più utility scale, ma anche impianti più piccoli (per le attività di pulizia). La società, che ha già depositato un brevetto “per il primo impianto fotovoltaico pensato per essere installato totalmente in automatico”, ha aggiunto che l’aumento della domanda per l’automazione è dovuto alla scarsità di personale nel settore, all’aumento del peso dei pannelli e all’aumento della domanda di elettricità. Di Stefano parla poi di HyperFlex, soluzione per l’automazione lanciata lo scorso anno, che “rivoluziona la logistica della costruzione di un impianto fotovoltaico”.
Quali gli interessi del mondo FV per l’automazione? In quali fasi e processi?
I benefici che può apportare l’automazione nel settore del fotovoltaico sono multipli, e sono principalmente volti all’incremento della sicurezza e alla riduzione dei tempi di installazione dei pannelli fotovoltaici, nonché alla standardizzazione di tale processo, al fine di renderlo rigoroso, deterministico e più economico. In particolare noi abbiamo subito intercettato l’interesse per la parte di installazione dei pannelli fotovoltaici in impianti “utility scale”, soprattutto determinato dal notevole aumento di peso dei pannelli stessi, ma percepiamo grande attenzione anche per la parte di fondazioni degli impianti, nonché per le attività di manutenzione, principalmente per automatizzare la pulizia.
Quali sono le necessità dei clienti? Cosa è cambiato che ha portato a queste nuove necessità?
L’installazione dei pannelli è un lavoro usurante, in primis poiché in pochissimo tempo la capacità di depositare silicio sul pannello è aumentata, portando il peso da 25 kg a 35 kg in arco temporale molto breve. Oltre alle difficoltà legate all’ergonomia, dobbiamo sottolineare che il lavoro in campo aperto, in alcune stagioni dell’anno, è particolarmente sfidante. Questi due fattori, combinati, stanno rendendo sempre più difficile trovare manodopera in un settore che invece vuole incrementare la sua capacità di crescita. La nostra esperienza nel “design for manufacturing” ci rende inoltre chiaro che esistono oggi sul mercato troppe soluzioni, tutte diverse, e questo non aiuta il contenimento dei costi e la semplificazione dei processi. Dal nostro punto di osservazione, ci sembra probabile che un massivo processo di standardizzazione avverrà nei prossimi 5 anni.
Prossimi passi?
HyperFlex di Comau è una soluzione per automatizzare l’installazione degli impianti fotovoltaici, che abbiamo lanciato lo scorso anno e che in breve periodo ha incontrato la fiducia di un grande player come EDP, leader globale nel settore delle energie rinnovabili, per essere testato su scala industriale in Spagna. Porteremo avanti un piano per l’utilizzo massiccio di HyperFlex, prima in Europa e poi nel mondo. In parallelo abbiamo depositato un brevetto per il primo impianto fotovoltaico pensato per essere installato totalmente in automatico, con un ulteriore beneficio in termini di costi e tempi.
Cosa permette in pratica la vostra soluzione?
HyperFlex centralizza la costruzione delle vele fotovoltaiche direttamente dentro la nostra macchina, che poi vengono trasportare con un rover da noi brevettato direttamente sulle colonne di deposito dell’impianto stesso. In questo modo tutti i materiali convergono verso la stazione centrale, in cui un robot muove tutti i pezzi, soprattutto quelli più pesanti, lasciando agli operatori solo il compito di avvitare tra loro i vari componenti. HyperFlex segue il concetto della mobile-temporary-factory, quindi una volta montata un’area dell’impianto, è possibile spostare direttamente la macchina nell’area successiva, raddoppiando la capacità installata a parità di forza lavoro.
Perché è importante?
Perché risponde all’esigenza del mercato di aumentare la capacità di installazione, facendo fronte a un’incapacità di aumentare la manodopera disponibile. Inoltre, accelerando il processo di installazione, rendiamo più sicuro e più deterministico tutto il cantiere, che deve seguire per sua natura uno scheduling a monte concordato a livello nazionale e regionale. A livello di sicurezza garantiamo che l’operatore non si infortuni e che lavori costantemente in ergonomia, senza sollevare carichi ingenti, e questo diventerà sempre più importante quando, immaginiamo a breve, verranno maggiormente regolamentati i limiti ergonomici di questo mestiere. In fine dobbiamo sempre ricordare che l’automazione porta rigore e controllo di qualità: la vela non esce da HyperFlex se tutte le giunzioni non sono serrate correttamente e questo rappresenta un beneficio tangibile per il cliente finale, che sempre di più dovrà fronteggiare fenomeni meteorologici estremi. Un altro elemento importante è che questa tecnologia favorisce lo sviluppo di energie rinnovabili garantendo una migliore sicurezza e sostenibilità raggiungendo gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Hyperflex migliora, infatti, l’efficienza, riducendo il consumo energetico complessivo e contribuendo al percorso di conversione energetica.
Come è cambiato l’interesse negli ultimi anni? In funzione di cosa?
Come dicevo prima, il mercato richiede più energia, e quindi più personale che però risulta introvabile. Le grandi utility inoltre hanno una sempre maggiore attenzione verso la sicurezza e questo è a tutti gli effetti un lavoro rischioso. C’è e ci sarà sempre di più una maggiore attenzione sul time to market. Eravamo partiti con largo anticipo su questo progetto, ma poi il Covid ha costretto tutto il comparto a rallentare. Credevamo tanto nel progetto, quindi prima abbiamo richiesto e ottenuto un finanziamento dalla Comunità Europea con il progetto ERA, con cui abbiamo fatto un primo dimostratore che ci è valso un premio al WPCEC (World Conference on Photovoltaic Energy Conversion). Al WPCEC siamo stati notati da EDP che in un progetto reale in Spagna ci ha aiutato a dimostrare che effettivamente HyperFlex raddoppia la produttività di installazione a parità di manpower.
Possibili nuovi clienti?
Stiamo dialogando con numerose aziende tra Europa, America e Australia, principalmente con le Utility ma anche direttamente con gli installatori.
Su quali mercati puntate per il futuro?
Dopo l’Europa, vediamo grande interesse in Australia e America. Col nuovo design di vela fotovoltaica, siamo confidenti che anche in America avremo margini di manovra ancora più ampi.
Voi ipotizzate una diminuzione fino al 50% dei costi di installazione? Quali sono le variabili che vanno a cambiare queste stime? Quando sarà possibile avere dei dati più solidi?
Dipende dal design del prodotto e dalla geografia di utilizzo. Per esempio, usare il rivetto è molto più veloce che usare viti e dadi. Sulle base delle prime esperienze, stiamo lavorando per raggiungere risultati sempre migliori.
Immagino che l’automazione del montaggio sia possibile per lo più in determinati contesti. Sbaglio? Ha più senso in terreni piatti per esempio?
Il rover non opera oltre il 10% di pendenza, quindi chiaramente è una macchina pensata per zone tendenzialmente pianeggianti e molto vaste (non ha senso per impianti più piccoli di 30 MW).
È ipotizzabile l’automazione anche del montaggio dei pannelli su tetti? A che condizioni?
Al momento non è nel nostro perimetro.
Quindi voi vi concentrate su installazioni utility scale su terreni più o meno pianeggianti. Quali potrebbero essere i driver in mercati maturi come la Spagna?
L’utilizzo di energia elettrica aumenterà e di conseguenza dovremo installare più impianti. Inoltre, la mobilità elettrica crescerà, ma io credo che l’idrogeno avrà un ruolo importante in Europa. Insieme ad esso, le tecnologie per la dissalazione dell’acqua giocheranno un ruolo cruciale.
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