Legambiente ha valutato l’iter di definizione della legge per le aree idonee di alcune Regioni italiane, realizzando delle apposite pagelle. In particolare, nel rapporto “Regioni e aree idonee. Le fonti rinnovabili nelle Regioni italiane, la sfida verso il raggiungimento degli obiettivi al 2030 attraverso le aree idonee”, la Lombardia è promossa, la Puglia rimandata, la Sardegna bocciata, la Calabria e il Piemonte risultano non classificate.
Presentato oggi a Roma nella prima giornata della XVII edizione del Forum Qualenergia, il documento si propone di fornire un quadro dello stato delle rinnovabili nelle Regioni italiane e fornisce dodici proposte per la valutazione delle aree idonee.
La valutazione di Legambiente è che l’Italia è in forte ritardo nel realizzare gli impianti a fonti a rinnovabili e nel centrare l’obiettivo 2030 fissato dal decreto aree idonee, ossia nuovi 80 GW. Nonostante sia stato superato l’obiettivo del Decreto Aree Idonee al 2024, scrive Legambiente, l’andamento delle installazioni è ancora troppo basso e di questo passo il Paese rischia di non raggiungere l’obiettivo 2030 poiché negli ultimi quattro anni è stato realizzato il 23,2% dell’obiettivo al 2030. Mancano ancora all’appello 61,4 GW da realizzare nei prossimi 6 anni, pari a 10,2 GW l’anno. Sul dato relativo al 2025 e agli anni successivi, per l’associazione, “rischiano di incidere negativamente il decreto agricoltura, quello ambiente e il dm sulle aree idonee”.
Le pagelle delle Regioni
Non classificata la Calabria la cui “proposta di Legge regionale, ad oggi, risulta troppo restrittiva soprattutto considerando le fasce di rispetto per l’eolico e uno sforzo maggiore dovrebbe essere fatto in tema di aree agricole”. Il tema nella Regione, scrive Legambiente, è stato affrontato ad oggi solo in via preliminare ma si ravvisano già elementi di criticità come la fascia di rispetto dai siti sottoposti a tutela di 7 km per l’eolico e 1 km per il fotovoltaico.
Valutati “positivi” alcuni elementi della proposta di legge fatta da tre consiglieri, come quello di considerare idonee le aree in cui sono già presenti altri impianti, ma la legge rischia di essere “troppo restrittiva” quando si parla di fotovoltaico a terra in aree agricole, dove non vengono distinte le aree coltivate dalle altre.
Promossa invece la legge regionale della Lombardia che è impostata “non per essere di ostacolo allo sviluppo delle rinnovabili ma per ridurre la discrezionalità dei processi autorizzativi, nonostante la retroattività della norma che appare un elemento di criticità importante”.
Tra le leggi regionali o le bozze fino ad ora arrivate dalle Regioni, scrive Legambiente, “quella lombarda è certamente la migliore” perché limita le aree non idonee “a giusti e limitati casi” lasciando ampio margine per quelle idonee. Da rivedere la prevalenza di area non idonea nel caso di compresenza di aree idonee e non idonee e la non idoneità delle aree agricole, anche quelle non utilizzate e marginali.
Per la Regione Piemonte non viene espressa una valutazione completa “in quanto l’amministrazione si è espressa soltanto attraverso un documento sintetico all’interno del quale vengono indicate alcune linee di principio”. Legambiente evidenzia però alcune criticità “emerse fin da subito” come l’associazione con il consumo di suolo per gli impianti a fonti rinnovabili e la prevalenza della non idoneità in caso di compresenza di aree idonee e non.
Rimandata la Puglia dove la legge regionale in discussione “appare sulla buona strada con elementi positivi innovativi” quale l’idoneità delle aree agricole non utilizzabili per la coltivazione. Elementi di restrizione che rischiano di limitare la diffusione delle rinnovabili, scrive Legambiente, sono la distanza di 5 km dai siti Unesco e la sola possibilità di realizzare “impianti agrivoltaici sperimentali”.
Bocciata, infine, la Sardegna con “diverse le criticità” nella legge regionale in tema di aree idonee. Nella Legge sarda “spicca un generalizzato contrasto alle rinnovabili, puntando al raggiungimento degli obiettivi guardando quasi esclusivamente ai piccoli e piccolissimi impianti legati all’autoconsumo o alle comunità energetiche rinnovabili”.
Il disegno di legge, scrive Legambiente, mette le basi perché con l’introduzione del prezzo zonale, a partire dall’inizio del 2025, l’energia in Sardegna diventi sempre più cara a causa dell’elevato costo di produzione con piccoli impianti e della speculazione commerciale che si può innescare sulle pochissime aree che rimarranno disponibili alla loro realizzazione.
Diverse le criticità riscontrate dall’associazione nel disegno di legge sardo. Gli impianti agrivoltaici, ad esempio, sono ammessi solo con potenze fino a 1 MW e comunque non oltre il 30% del fabbisogno dell’azienda. Sussistono inoltre distanze di delimitazione ritenute “del tutto arbitrarie” come i 2 km in linea d’aria da grotte e caverne o da alberi monumentali. C’è poi l’impossibilità di realizzare impianti nelle fasce ferroviarie o dove i coni visivi incontrano siti culturali e paesaggistici. Infine, segnala Legambiente, è vietata la realizzazione di tutti gli impianti da energia rinnovabile nei 20 Comuni nei quali ricadono aree di interesse per l’Einstein Telescope.
Le 12 proposte per le aree idonee
Legambiente, durante l’evento, ha inoltre presentato 12 proposte operative per la definizione delle aree idonee di cui 7 interessano il fotovoltaico e che di seguito riassumiamo:
- la definizione regionale delle aree idonee non sia esclusivamente relegata alle aree marginali o degradate;
- non venga utilizzato il criterio dell’invisibilità nel trattare il rapporto tra le nuove infrastrutture e il paesaggio fisico e antropico;
- le aree definite idonee ai sensi del decreto n. 199/2021 in cui sono stati localizzati i progetti presentati dal 2021 ad oggi siano considerate aree idonee dalle Regioni;
- salvaguardare e valutare i progetti per i quali, alla data di entrata in vigore della legge regionale, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative necessarie a ottenere l’autorizzazione a realizzare l’impianto;
- le zone non idonee devono essere puntualmente giustificate sulla base di dati tecnici e scientifici, non generici, eventualmente verificando la possibilità di ridurre gli impianti, piuttosto che vietare, tout court, le installazioni.
- che le fasce di rispetto dai beni sottoposti a tutela – di qualunque tipo – debbano essere ponderate e giustificate e non istituite con l’obiettivo finale di limitare al massimo la diffusione degli impianti;
- che vengano previste delle campagne di comunicazione e di ascolto su quanto emerso dallo studio delle aree.
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