Le energie rinnovabili hanno un impatto modesto sui terreni agricoli italiani coi quali potrebbero integrarsi in maniera vantaggiosa. È quanto intende dimostrare lo studio presentato ieri al GSE da Althesys, società di consulenza di Milano, dal titolo “Paesaggio e rinnovabili, una convivenza possibile. Opportunità e sfide per lo sviluppo sostenibile del territorio”.
Dai dati della ricerca emerge che attualmente l’impronta di fotovoltaico ed eolico a terra utilizza un’area dello 0,15% della superficie agricola utilizzata a livello nazionale, o lo 0,11% della superficie agricola totale, che comprende anche quella non utilizzata. Nel 2023, per una potenza disponibile di 9 GW di fotovoltaico a terra, la quota sul totale si fermava al 30%, con un uso del suolo di 167 km2. Al 2035 Althesys prevede una capacità raddoppiata a 20 GW e un’incidenza sui suoli agricoli prevista in 283 km2 (+116 km2).
L’impronta potrebbe ridursi ulteriormente grazie all’agrivoltaico (stimati in 393 km2 in più al 2035 per 1.310 km2 di superfici) che, scrive la società, offre l’integrazione tra produzione energetica e uso agricolo con un risparmio di almeno il 70% delle superfici su cui insiste.
Francesco Marghella, partner di Althesys, ha posto l’accento sulla sempre più costante crescita di impianti di grandi dimensioni. Nel 2023 i nuovi impianti utility scale (> 1 MW) hanno rappresentato il 27% della nuova capacità installata, nel 2024 il 41%. Stando alle simulazioni di Althesys, nel 2035 dovranno rappresentare 2/3 della nuova potenza per essere competitivi.
Althesys ritiene necessario trovare il giusto bilanciamento tra grandi impianti e produzione diffusa. Inoltre, l’analisi evidenzia la necessità di ricorrere agli impianti a terra per ragioni economiche. Pertanto prevede nei prossimi anni una maggiore entrata in esercizio di questi impianti rispetto al passato, andando a ribaltare il rapporto 40-60% tra terra e non a terra.
Per la società di consulenza al 2035 nello scenario base e puramente economico le rinnovabili seguiranno il criterio economico andandosi a installare dove la fonte energetica è più forte e quindi soprattutto sulle isole e al sud. In alternativa, nel momento in cui il FER X sarà approvato, ci saranno dei coefficienti realizzativi che penalizzeranno gli investimenti nelle zone di mercato dove più si concentrano ad oggi, quindi nelle isole, spingendo gli impianti verso nord.
Paolo Arrigoni, presidente del Gestore dei servizi energetici (GSE), è intervenuto sottolineando in apertura l’importanza di aggiungere al trilemma “decarbonizzazione, competitività e sicurezza” la riduzione della dipendenza energetica e di contenere la dipendenza da materie prime verso l’est.
Inoltre, ha aggiunto Arrigoni, oltre alle FER bisogna tenere conto del biometano nella transizione. Le rinnovabili, ha ricordato il presidente, sono cresciute esponenzialmente negli ultimi 25 anni: a fine 1999 gli impianti di generazione elettrica erano meno di 4.000, la metà idroelettrici, le FER erano molte poche e i fotovoltaici solo cinque. Nel 2010 gli impianti FER sono diventati poco più di 160.000, per lo più fotovoltaici, nel 2020 sono saliti a 940.000 e oggi, a ottobre 2024, sono oltre 1.850.000 di cui il 99% è costituito da fotovoltaico.
Massimiliano Atelli, presidente della commissione Pnrr-Pniec del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase), ha sottolineato l’importanza di collocare il confronto col territorio per ricadute ambientali, economiche e sociali il prima possibile nel processo di autorizzazione. Un tema ad oggi, secondo Atelli, rimasto inaffrontato e che comporta una collocazione a piacere di questo passaggio che, verosimilmente, avviene troppo tardi nell’evoluzione dell’iter amministrativo.
Emanuele Merlino, capo segreteria tecnica del ministro della Cultura, ha annunciato che mercoledì nell’ambito del DL Ambiente è stato approvato un emendamento concordato Mase-MIC per far sì che il Ministero della Cultura (MIC) si uniformi all’ordine di priorità di valutazione degli impianti proposto dal Mase.
Questo allineamento, ha detto Merlino, serve per evitare che i due Ministeri vadano su binari diversi causando rallentamenti per il raggiungimento del risultato. Inoltre, il rappresentante del MIC ha aggiunto che si sta lavorando a un decreto specifico per stabilire su quali impianti lavorare per primi.
Infine, come esempi di applicazione delle rinnovabili su edifici di pregio, ha parlato del progetto di un impianto da 500 kW con 4.500 pannelli sul museo Capo di Monte di Napoli per la climatizzazione integrato con un sistema di monitoraggio che permetterà misurazioni di temperatura e qualità dell’aria. Merlino ha inoltre accennato all’idea di mettere un impianto fotovoltaico sulla pinacoteca di Brera.
Gaetano Armao, presidente della Commissione Via-Vas della Regione Siciliana, ha evidenziato di trovare “inadeguate e insufficienti” le linee guida del Mase sull’agrivoltaico. Andrebbe chiarito, ha detto Armao, che non esiste più solo il fotovoltaico. L’agrivoltaico secondo il rappresentante della Regione Siciliana andrebbe scorporato radicalmente dal fotovoltaico e orientato nel recupero dei terreni abbandonati e del ritorno dei giovani nell’agricoltura. L’agrivoltaico – ha concluso Armao – è l’elemento di equilibrio che in questo sistema multi-fonti consente di avere una tecnologia propria del nostro Paese.
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