“La soglia dei 10 GW di fotovoltaico nel 2025 è ambiziosa ma non irrealistica”, dice Target

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Lo scenario di 10 GW di nuove installazioni fotovoltaiche nel 2025 è realistico ma condizionato alla capacità del sistema-Paese di garantire tempi certi e stabili lungo la filiera autorizzativa e realizzativa. Di particolare rilevanza sono gli sviluppi del Fer X ma non solo. Il raggiungimento dell’obiettivo passa anche da: semplificazione delle procedure autorizzative, investimenti nella rete elettrica, diffusione delle comunità energetiche, corporate PPA  e prezzo dell’energia.

Domenico Segreti e Giuseppe Salamone, rispettivamente partner e senior associate dello studio legale Target, hanno analizzato per pv magazine Italia gli sviluppi futuri e le possibili evoluzioni che impatteranno nel breve, medio e lungo termine sul mercato del fotovoltaico e dei sistemi di accumulo.

Immaginiamo sia difficile fornire una stima puntuale degli impianti fotovoltaici che verranno costruiti nell’anno in corso, ma in generale vi aspettate più di 10 GW messi in esercizio? 

Domenico Segreti: Effettivamente, fornire una stima puntuale è complesso, anche perché il dato finale dipenderà da diversi fattori: dalla velocità dei procedimenti autorizzativi, alla disponibilità di rete, fino all’evoluzione dei meccanismi di incentivazione. Tuttavia, sulla base delle autorizzazioni già rilasciate e della pipeline di progetti in fase avanzata, la soglia dei 10 GW nel 2025 è ambiziosa ma non irrealistica. 

Va detto che il ritmo autorizzativo sta migliorando, anche grazie alla spinta normativa degli ultimi anni. Resta però fondamentale risolvere alcuni colli di bottiglia, come le difficoltà di connessione alla rete. 

Quindi sì, lo scenario dei 10 GW è realistico, ma condizionato alla capacità del sistema Paese di garantire tempi certi e stabili lungo tutta la filiera, autorizzativa e realizzativa. 

Il Fer X al momento è chiaramente lo strumento che può velocizzare o rallentare il mercato. Da una parte perché molti progetti cantierabili sono in attesa, dall’altra perché al suo avvio molti progetti verranno annunciati. Corretto? Quali sono gli altri motori e acceleratori del settore fotovoltaico italiano? 

Il meccanismo Fer X rappresenta oggi uno snodo importante per il mercato fotovoltaico italiano. Da un lato, infatti, molti progetti già cantierabili attendono l’apertura delle aste per definire il proprio modello economico-finanziario; dall’altro, l’avvio effettivo del meccanismo potrà determinare l’annuncio e la messa in pipeline di numerosi nuovi progetti.

Tuttavia, il Fer X non è l’unico acceleratore del settore. Altri driver fondamentali sono: 

  • semplificazione delle procedure autorizzative, in particolare per impianti su aree idonee e aree industriali, che riduce tempi e incertezza per gli sviluppatori;
  • investimenti nella rete elettrica (pianificati da Terna) che mirano ad aumentare la capacità di connessione, oggi un limite rilevante soprattutto nel Sud Italia;
  • diffusione delle comunità energetiche (CER) e degli autoconsumi collettivi, con benefici fiscali e tariffari che stimolano nuova domanda anche nel segmento “diffuso”;
  • corporate PPA (Power Purchase Agreement), che stanno crescendo rapidamente come alternativa al supporto pubblico per gli impianti utility scale;
  • prezzo elevato dell’energia (pur in rallentamento rispetto ai picchi del 2022-23), che continua a rendere il fotovoltaico competitivo anche senza incentivi. 

In definitiva, il Fer X è il catalizzatore principale nel breve periodo, ma la crescita del fotovoltaico italiano dipende da un mix di strumenti: regolatori, infrastrutturali e di mercato. 

In generale, l’aumento dei progetti in via di sviluppo negli ultimi cinque anni è stato chiaro. Secondo voi siamo arrivati al picco? Quanti di questi dovrebbero essere costruiti entro il 2030?  

Lo sviluppo degli impianti Fer negli ultimi cinque anni è stato in costante crescita, sia in termini numerici sia di potenza complessiva. 

In base agli obiettivi del Pniec aggiornato, l’Italia punta a raggiungere circa 80 GW di capacità fotovoltaica installata al 2030. Considerando che al 2024 siamo a circa 37 GW, sarà necessario installare almeno 30-33 GW aggiuntivi nei prossimi sei anni, ovvero una media di 5-6 GW/anno.

In sintesi: il numero di progetti continuerà ad aumentare e rappresenta una riserva strategica importante, ma sarà fondamentale accelerare concretamente la fase di costruzione e connessione alla rete per centrare i target 2030.

All’aumentare dei progetti costruiti corrisponde normalmente un incremento del mercato M&A. Queste le aspettative di società di consulenza e di operatori del mercato. Avendo visibilità lato investitori, vi aspettate un aumento immediato o le maggiori operazioni di mercato avverranno nei prossimi anni? Nel caso quando? 2026 o 2027? O anche dopo? 

È corretto osservare che all’aumentare del numero di progetti costruiti corrisponde normalmente una crescita dell’attività M&A, e anche nel settore fotovoltaico italiano ci aspettiamo questa dinamica. 

Dal nostro osservatorio lato investitori, la crescita delle operazioni M&A è già iniziata, ma tenderà a consolidarsi non immediatamente, bensì a partire dal 2026-2027, quando vedremo:

  • un maggior numero di progetti di grandi dimensioni connessi alla rete;
  • una progressiva riduzione dei costi di capitale grazie alla stabilizzazione dei tassi di interesse;
  • gli investitori, soprattutto istituzionali e fondi infrastrutturali, tendono infatti a preferire asset operativi o near-ready-to-build. 

Pertanto, ci aspettiamo un progressivo aumento delle transazioni già dal 2025 per progetti RtB (Ready to build) di alta qualità, ma la vera esplosione delle operazioni M&A probabilmente si concentrerà tra il 2026 e il 2028.

C’è una sostanziale differenza nella definizione di progetti Ready-to-build da parte di investitori e developer. Potete spiegarla? Dal punto di vista normativo qual è l’interpretazione più corretta? Se ce n’è una. 

Sì, confermo che esiste spesso una differenza sostanziale nella definizione di Ready-to-Build (RtB) tra developer e investitori. Per i developer, un progetto viene generalmente considerato RtB quando ha ottenuto l’autorizzazione unica o il titolo edilizio/autorizzativo necessario alla costruzione e sono trascorsi i termini di impugnazione. Tuttavia, dal punto di vista degli investitori, la definizione è spesso più restrittiva in quanto un progetto è realmente cantierabile quando c’è stato il permitting cosiddetto secondario costituito da tutte quelle concessioni e nulla osta che sono necessari dopo l’AU.

Dal punto di vista normativo, non esiste ad oggi una definizione ufficiale di “Ready-to-Build” nel diritto italiano: è un concetto di prassi contrattuale e commerciale.

Voi avete seguito una società che ha fatto ricorso (e vinto) contro il diniego di costruzione a priori di un impianto nel viterbese. 

Sì, abbiamo fatto ricorso contro la delibera della Giunta Regionale n. 171/2023 che aveva introdotto dei criteri di “riequilibrio territoriale” per l’installazione di impianti fotovoltaici ed eolici all’interno della Regione Lazio, imponendo di fatto un divieto generalizzato di realizzare nuovi impianti nella Provincia di Viterbo. 

In particolare, tale delibera, al di fuori delle ipotesi di impianti da realizzarsi in area idonea o di quelli da realizzarsi con i fondi del Pnrr, aveva stabilito che per l’avvio dei procedimenti relativi ai Paur di cui all’articolo 27-bis del d.lgs. 152/2006, l’adozione di un criterio di riequilibrio territoriale che consenta in ogni singola provincia del Lazio lo sviluppo delle FER esclusivamente fino a un massimo del 50% del totale autorizzato espresso in MW dell’intera regione. 

Nel viterbese tale quota del 50% è stata già superata e pertanto con tale delibera veniva di fatto introdotto un divieto alla realizzazione degli impianti in tale area con automatico rigetto delle istanze autorizzative presentante. 

Il TAR Lazio ha sostanzialmente chiuso a divieti aprioristici su alcune aree del territorio nazionale, a parte quelle su cui le installazioni sono vietate ai sensi del DL Agricoltura. Giusto? 

Diciamo che con l’annullamento della Delibera in questione, il TAR Lazio ha con forza ribadito il principio secondo cui non è consentito alle Regioni introdurre aree vietate per l’installazione di impianti da FER, dovendo l’amministrazione procedente compiere in ogni caso una valutazione in concreto circa la realizzabilità del progetto nell’ambito del singolo procedimento avviato con l’istanza di autorizzazione.

Cosa vuol dire in pratica per le installazioni nel Lazio? 

L’annullamento di tale delibera ha ovviamente una portata generale che non riguarda solamente il procedimento autorizzativo oggetto della sentenza.  Ciò in altre parole significa la possibilità di chiedere la riapertura di tutti i procedimenti autorizzativi nel viterbese che erano stati archiviati in automatica applicazione della predetta delibera.

A nostro avviso l’annullamento della già menzionata delibera potrà avere come effetto un incremento delle domande autorizzative anche nelle altre Provincie del Lazio (ad esempio la provincia di Latina dove c’è un’alta percentuale di installazioni FER), atteso che ciascuna istanza dovrà essere valutata e istruita senza rigide limitazioni aprioristiche dovute a esigenze di riequilibrio territoriale.

E nel resto del Paese? 

L’annullamento della delibera in commento rappresenta senz’altro un input alla diffusione delle fonti di energia rinnovabile e alla transizione energetica, nella speranza che tale sentenza possa costituire anche un monito per le regioni affinché non vengano attuate scelte programmatiche che si traducano in un divieto aprioristico alla realizzazione degli impianti da FER. 

Parlando con fonti, sembra che siano due gli sviluppi normativi e legislativi rilevanti: la sentenza del TAR Lazio sui ricorsi contro il DM Aree Idonee portati avanti da Erg e Iberdrola e il nuovo TICA. Partendo dal primo punto, quanti dei discorsi fatti finora potrebbe cambiare in funzione della sentenza dello stesso TAR Lazio? Quando vi aspettate la sentenza? 

La sentenza del TAR Lazio sul DM Aree Idonee può avere un grande impatto sullo sviluppo del mercato. È in ballo, infatti, l’alternativa tra facoltà e obbligo per le regioni di riconoscere a livello regionale le aree idonee che sono tate state già qualificate tali dalla normativa nazionale (art. 20 comma 8 del D.lgs. 199/2021). Le aree idonee ex lege sono un sensibile volano di crescita e sviluppo, soprattutto per gli impianti di potenza fino a 10 MW che possono essere autorizzati in PAS. Non ci aspettiamo comunque che la querelle giuridica finisca qui, perché qualunque sia l’esito del giudizio al TAR, le parti soccombenti proporranno appello e quindi l’ultima parola spetterà al Consiglio di Stato. Non abbiamo informazioni sulla data di pubblicazione della sentenza del TAR, comunque dovrebbe essere imminente.    

E parlando invece del Tica? Perché è così importante e cosa potrebbe voler dire per il mercato fotovoltaico in generale?

Il Tica (Testo Integrato Connessioni Attive) è fondamentale per il fotovoltaico (e per tutte le Fer) in Italia, anche se spesso non se ne parla abbastanza nel dibattito pubblico. Il Tica è la delibera adottata da Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) che disciplina le modalità, i costi e le tempistiche per la connessione degli impianti di produzione di energia alla rete elettrica. Sarebbero auspicabili modifiche del Tica che andassero nella direzione di combattere le prenotazioni di capacità di rete “speculative” e di garantire invece le capacità a tutti quei progetti che invece rischiano di perdere la connessione per colpa della lunghezza degli iter autorizzativi.

Sembrerebbe che la “pubblica utilità” data dall’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili stia trovando sempre più riconoscimento nelle sentenze dei Collegi regionali e nazionali. Ritenete ci sia un crescente orientamento in questo senso e, quindi, a favore delle rinnovabili? Quali sono i riscontri normativi in merito?

Gli impianti di produzione di energia elettrica da Fer e le relative opere connesse sono considerati di pubblica utilità indifferibili e urgenti. Tale peculiarità è stata ribadita da ultimo anche dal c.d. Testo Unico delle Fonti Rinnovabili (D.lgs. 190/2024). Sotto il profilo tecnico vuol dire che è possibile procedere alle espropriazioni per pubblica utilità nel caso in cui l’operatore non abbia la disponibilità dell’area su cui realizzare l’impianto e le opere di connessione. Per l’eolico è abbastanza diffuso l’utilizzo dell’espropriazione, oltre che per le aree necessarie per gli elettrodotti e le cabine anche per le aree necessarie per gli aerogeneratori. Per il fotovoltaico l’espropriazione è consentita solo per le opere di connessione. 

Da considerare in maniera positiva è la possibilità, introdotta dal TU FER, di ricorrere all’espropriazione, ove necessario, anche per le opere di connessione dei progetti sottoposti al regime della PAS. 

Questa valutazione potrebbe cambiare in caso di “revisioni politiche” dell’Energy Deal? Cosa succederebbe nel caso le politiche europee dovessero essere significativamente riviste? Lo ritenete possibile?

Oltre alla pubblica utilità altro principio di portata generale che si è affermato nell’ultimo periodo è quello secondo cui la produzione di energia da fonti rinnovabili è un interesse pubblico prevalente e un interesse per la sanità e la sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi. 

Questo principio generale è stato affermato dal Regolamento (UE) 2022/2577 che istituisce il quadro per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili e anche dalla giurisprudenza italiana a più riprese come di recente dal Consiglio di Stato 2808/2025 cha ha ritenuto che “Il passaggio alla produzione di energia da fonti rinnovabili costituisce, infatti, un obiettivo di interesse nazionale” e che  “la normativa di riferimento nel tempo ha introdotto semplificazioni che mirano a incentivare la diffusione delle rinnovabili, nell’ottica di contemperare l’interesse pubblico alla tutela del paesaggio con l’altrettanto rilevante interesse pubblico volto all’incremento della produzione di energia da fonti alternative.” 

La spinta della transizione energetica è divenuta talmente forte che non riteniamo possibile che ci siano ripensamenti nell’indirizzo politico europeo e nazionale.

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