pv magazine: Una fonte mi diceva che sta avendo grandi difficoltà a trovare forza lavoro, specialmente giovani per lavori in cantiere, spiegando che l’ingegnere fresco di laurea/abilitazione preferisce un lavoro d’ufficio. Una seconda fonte mi spiegava anche che le cose stanno cambiando perché diversi professionisti sono nuovamente disponibili dopo la “bolla” del 110%. Quale la vostra prospettiva? È difficile trovare personale qualificato al momento?
Filippo Fontana, fondatore e COO di vexuvo: Come spesso accade la verità sta nel mezzo. Iniziative come quella del 110 creano un’immediata e ingente richiesta di posti di lavoro, ma che purtroppo non possono essere garantiti nel tempo. Gli sforzi dovrebbero essere rivolti a creare professionalità e posti di lavoro duraturi nel tempo. In questo modo si lascia un know how importante a vantaggio di tutto il sistema Paese.
Come abbiamo scritto in diverse occasioni, anche a Rimini, l’interesse dei giovani sembra esserci. Quale il vostro punto di vista in merito? Percepite un coinvolgimento delle nuove generazioni nel mondo delle rinnovabili?
FF: Assolutamente si. Anche noi vediamo l’interesse. Percepiamo il coinvolgimento e anche la motivazione profonda. Ovviamente sui giovani le imprese devono investire e, soprattutto in questo momento così dinamico da un punto di vista del turnover, risulta
più rischioso che in passato: investire in giovani che tendono a muoversi con più flessibilità.
In quali aree geografiche esistono queste possibilità lavorative?
FF: Diremmo in tutta Italia. Tra l’altro un altro fenomeno che stiamo osservando è la volontà di molti di non muoversi dalle loro città, questo potrebbe portare le imprese a investire anche in province più piccole e nel Sud.
La ricerca del Censis commissionata da Assosomm, l’Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro, riporta a maggio che oltre 150.000 nuovi posti di lavoro potrebbero essere creati nei prossimi 3/4 anni. Questa valutazione potrebbe cambiare in funzione delle difficoltà che il settore fotovoltaico sta affrontando, soprattutto dalla parte di produzione di moduli, ma forse anche in parte sul versante impianti, per lo più a causa di decisioni politiche che stanno di fatto rallentando le installazioni?
FF: Questo forse è il nodo cruciale, problema annoso del sistema imprenditoriale italiano non solo nel settore del fotovoltaico. 150.000 posti di lavoro sono necessari pee raggiungere gli obiettivi. Al momento gli obiettivi non li stiamo raggiungendo. Ed è un cane che si morde la coda: come fa un’impresa a investire su formazione e persone se non riesce ad avere certezza di quanti impianti potrà realizzare? La certezza dell’investimento è legata alla volontà politica nazionale, la certezza dei processi autorizzativi è fondamentale per poter programmare un settore che, visti i numeri, potrebbe essere pari a quello dell’automotive.
Tra le principali professioni nel fotovoltaico la ricerca suggerisce che le più ricercate dovrebbero essere: tecnico esperto e designer in sistemi fotovoltaici e celle fotovoltaiche, tecnico manifatturiero di scaldabagni solari, elettricista specializzato, tecnico installatore del solare, consulente vendite di impianti fotovoltaici. Quali di queste professioni non dovrebbe risentirne in caso di parziale crisi del settore?
FF: Non vedo scenari di crisi nel lungo periodo. La transizione è ineluttabile. Può andare più lenta o più veloce, ma non si può che andare in una direzione. Per cui tutte queste professionalità avranno ampio spazio sul mercato anche in futuro. Aggiungerei comunque che lo scenario del lavoro è cambiato in assoluto, non esiste più la posizione che coprirai tutta la vita, le generazioni precedenti potevano lavorare 30 anni in uno stesso settore con cambi minimi al modo di lavorare, oggi in 30 anni gli scenari si rivoluzionano costantemente. A mio parere sta alle imprese il ruolo di guida in questo nuovo scenario.
Il rapporto suggerisce che i lavoratori in somministrazione rappresentano il 16,5% di tutti gli occupati a tempo determinato, 2 anni fa erano il 14%. “Entro 90 giorni dalla cessazione di un contratto a termine in somministrazione, il 68.9% di coloro che hanno terminato una missione, ha attivato un nuovo rapporto di lavoro. Nei contratti di lavoro a termine non in somministrazione, solamente il 47.7% dei lavoratori ha avuto una nuova attivazione,” si legge nel rapporto. Questo vuol dire che le rinnovabili potrebbero essere per natura più compatibili con questa forma di rapporto di lavoro?
FF: Bisognerebbe comparare questo dato con altri settori. In ambito di energia rinnovabile utility scale, in base alla mia esperienza, posso dire con certezza che le risorse, anche le più giovani, costituiscono gli asset più strategici per le nostre imprese. Il tema delle assunzioni a tempo determinato è quindi un non tema.
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