A rischio vantaggi strategici dell’Italia nella corsa all’idrogeno

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L’Italia si sta confrontando con Austria, Germania e Svizzera per definire i piani per importare e esportare idrogeno, al fine di sfruttare la propria posizione geografica, in prossimità di Africa Settentrionale e Medio Oriente.

“L’Italia, in mezzo al Mediterraneo, può essere ponte per il Nordafrica. C’è uno spazio enorme dove l’idrogeno sarà la soluzione per quel settore produttivo che non riuscirà a decarbonizzare solo con l’eolico e il fotovoltaico”, ha dichiarato recentemente il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, aggiungendo “stiamo implementando la linea adriatica”.

Il ministro ha detto che l’Italia è in concorrenza con la Spagna per diventare un hub dell’idrogeno, non menzionando però come i piani spagnoli procedano per tempo, mentre quelli italiani siano stati ritardati o del tutto cancellati, anche per una mancanza di clienti all’interno del territorio nazionale.

Un recente studio condotto da Boston Consulting Group (BCG) spiega che il 40% delle aziende venete è interessata a progetti che prevedono l’utilizzo o l’offerta di idrogeno. “Tuttavia, ad oggi l’idrogeno rimane una fonte residuale di approvvigionamento energetico e ciò è dovuto alla presenza di fattori che ne ostacolano l’implementazione, come il costo elevato e, più specificamente nell’ambito industriale, l’incertezza che caratterizza la parte legislativa, burocratica e dei finanziamenti pubblici”.

Il ministro non menziona poi la prossimità di Spagna e Marocco, la diminuzione dei flussi gas dall’Algeria all’Italia (ai minimi da gennaio) e i piani per l’idrogeno egiziani, che potrebbero non prevedere l’Italia. In generale il punto è che gli sviluppi geopolitici non possono essere banalizzati.

100 milioni per nuovi investimenti in elettrolizzatori

Gli sviluppi di questi mesi mettono infatti in discussione le parole di Pichetto Fratin, nonostante il vantaggio tecnologico rispetto alla Spagna, ancora evidente per quanto riguarda gli elettrolizzatori. Ansaldo Energia, De Nora e Snam, del resto, stanno già costruendo degli stabilimenti per la produzione di elettrolizzatori in Italia.

Di questa settimana poi la notizia di un secondo sviluppo interessante. Dopo il recente via libera della Commissione europea, il MASE ha pubblicato l’avviso per selezionare ulteriori progetti di investimento finalizzati alla creazione di stabilimenti per la produzione di elettrolizzatori.

“La dotazione finanziaria complessiva è pari a cento milioni di euro e rientra nel pacchetto di misure a sostegno del vettore idrogeno previste dal PNRR. Le imprese interessate potranno presentare le proposte progettuali direttamente al MASE dal prossimo 11 dicembre fino al 26 gennaio 2024,” si legge in un documento del ministero.

L’obiettivo è di avere in Italia fabbriche in grado di produrre almeno 1 GW all’anno di elettrolizzatori entro giugno 2026.

Non è ancora chiaro però se e quando le società italiane che producono elettrolizzatori apriranno sedi produttive all’estero, magari negli Stati Uniti. Questo permetterebbe loro di beneficiare degli incentivi economici e della (relativa) sicurezza legislativa nel continente nordamericano. Diverse società europee attive nel settore dell’idrogeno si stanno già attivando in tal senso.

Se un vantaggio competitivo vuole essere raggiunto o quantomeno mantenuto, prendere tempo forse non è quindi la strategia più appropriata. Come detto di recente da Mariuccia Barresi, Head of Regulatory Affairs di EF Solare Italia, il mancato recepimento della RED 2 e il ritardo nella definizione delle misure del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza (PNRR) creano dubbi per gli investitori. Questo vuol dire rallentamenti e tempo perso, esattamente come sottolineato da BCG.

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