Il parlamento norvegese (Storting) ha approvato martedì i piani commerciali proposti dal governo per permettere l’esplorazione mineraria dei fondali marini nelle sue acque territoriali nell’Oceano Artico. Il governo norvegese aveva proposto l’apertura di un’area sulla piattaforma continentale norvegese per le operazioni minerarie a giugno.
“Dopo l’apertura dell’area, verrà avviato un processo per concedere una licenza ai sensi del Seabed Minerals Act. Verranno presi accordi per un’esplorazione graduale”, aveva scritto il governo norvegese.
L’attività mineraria in acque profonde è un processo di estrazione dei minerali che avviene su un fondale oceanico, a profondità comprese fra 1.400 fino a 3.700 metri. Lo scopo delle attività esplorative e poi estrattive è di evitare l’opposizione pubblica e sfruttare risorse naturali, molte delle quali importanti per la transizione energetica. I metalli industrialmente preziosi includono argento, oro, rame, manganese, cobalto e zinco.
La proposta di legge, votata dal parlamento norvegese con 80 voti favorevoli e 20 contrari, consente l’esplorazione di circa 280.000 km² di fondali artici tra Norvegia e Groenlandia. Si tratta di un’area più o meno grande quanto l’Italia.
Il partito laburista, il partito conservatore, il partito di centro e il partito del progresso hanno votato insieme e hanno avanzato tre principali richieste al governo. Tra queste il parlamento chiede al governo di chiarire che l’esame del rapporto la sicurezza nazionale sarà un criterio per l’assegnazione dei permessi di estrazione. Lo Storting chiede anche al governo di presentare i primi piani per l’estrazione dei minerali dei fondali marini come proposta prima che il ministero approvi il piano di estrazione. Di fatto quindi l’esplorazione non inizierà subito.
“Le prime licenze di estrazione dovranno essere approvate dal parlamento norvegese, il che significa che la battaglia contro l’estrazione mineraria in acque profonde continua”, ha scritto Greenpeace.
In una relazione legale per conto di Greenpeace Nordic e WWF Norvegia, lo studio norvegese Wikborg Rein ha rilevato potenziali violazioni del diritto norvegese e internazionale nei piani del paese per l’estrazione in alto mare nell’Artico. “L’ondata di proteste contro l’estrazione in acque profonde ha appena iniziato a crescere”, ha commentato Frode Pleym, responsabile di Greenpeace Norvegia.
Simili le reazioni di altre associazioni ambientaliste. “Sappiamo così poco degli oceani profondi, ma ne sappiamo abbastanza per essere certi che il loro sfruttamento estrattivo spazzerà via una fauna selvatica unica, disturberà il più grande deposito di carbonio del mondo e non accelererà la transizione verso economie pulite”, ha commentato Steve Trent, amministratore delegato e fondatore della Environmental Justice Foundation.
Le parti favorevoli sottolineano che la produzione norvegese potrebbe diminuire la dipendenza europea da produttori asiatici, incontrando meno resistenze rispetto alle attività esplorative su terra ferma.
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