Almeno quattro associazioni di cittadinin si oppongono al progetto da 29,5 MW su un’area di 43 ettari nel comune di Tuscania in provincia di Viterbo proposto da SWE IT 11 Srl, parte della società Renera Energy Italia Srl.
Il progetto da 18,5 milioni prevede l’adozione di soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale nell’area a 10 km dal centro abitato di Tuscania. La località viene chiamata Casalino nei progetti fotovoltaici, ma è nota anche come Montebello.
Nelle osservazioni indirizzate al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), al ministero della Cultura, alla Regione Lazio e al sindaco di Tuscania, le associazioni hanno scritto a febbraio che non è però chiaro quale siano le tipologie di coltivazioni perseguite dall’impianto. Le associazioni poi scrivono che l’impianto avrà un alto impatto paesaggistico e ambientale.
Sottolineano anche la “saturazione di tutta l’area vasta del viterbese”, riportando che la provincia di Viterbo ospita quasi l’80% di tutti gli impianti FER dell’intera regione.
Nel documento condiviso con il governo, le associazioni passano poi in rassegna le due delibere del Consiglio Comunale di Tuscania (2014 e 2021) che sottolineano il valore del paesaggio “agrario tradizionale” della maremma viterbese.
“Non vale liquidare il piano paesaggistico ritenendo che lo stesso non abbia carattere prescrittivo ove nell’area di intervento non esistano vincoli”, scrivono le associazioni nelle loro osservazioni, sottolineando le linee guida della Regione Lazio del 7 giugno 2022, che ha individuato delle aree di particolare pregio culturale e ambientale che non sono idonee all’installazione degli impianti FER. Per le aree dove sono presenti biodistretti, come quello interessato dove ve ne sono tre, la Regione richiede una valutazione caso per caso.
Le associazioni poi riportano che l’impianto non è in area idonea ex art.20 co 8 lettera c quater del D.lgs 199/2021, perché si trova a meno di 500 metri da un’area archeologica (a circa 400 metri).
AssoTuscania, Gruppo di intervento Giuridico, Italia Nostra, Associazione Culturale Grotte di Castro Caffè Menerva e i tre Biodistretti del luogo aggiungono poi che l’impianto in zona di Montebello, località Casalino, sarà amplificato dalle ripercussioni sul tessuto sociale locale.
Le associazioni riportano che diverse aziende agricole e agrituristiche locali hanno effettuato investimenti per il recupero dei vecchi casali e l’avvio di produzioni agricole tipiche, biologiche e di alta qualità, valorizzando la vocazione agricola e turistica del territorio. Riportano una conseguente perdita di valore degli immobili e terreni localizzati in un raggio di 10 chilometri dall’impianto.
Abitazioni limitrofe
I proprietari della casa sulla collina davanti al progetto spiegano a pv magazine Italia che l’impianto proposto non deve procedere per via del terreno fertile e per via della strada regionale riconosciuta come panoramica.
“Non ho i dati per poter quantificare i danni economici al tessuto sociale, tranne osservare che questa zona della Maremma laziale ha un grande futuro turistico e un grande valore agricolo che vanno valutati. Coprire il territorio di panelli distrugge questo futuro”, ha detto Ann Wise.
Secondo la comproprietaria dell’immobile, il progetto causerebbe un “danno totale” ai proprietari delle due unità abitative.
“Circondando completamente due unità abitative, e famiglia con bambini piccoli. La nostra proprietà perderà ogni valore economico. Non potremo ne vendere, ne affittare, ne intraprendere un’attività commerciale di tipo agriturismo, che è il nostro progetto per il futuro,” ha detto Wise.
Secondo Wise, non è detto che gli alberi, “in una zona tra l’altro non ideale per la coltivazione di alberi ad alto fusto”, possano davvero coprire la vista dei pannelli dalla casa, posta sul colle al di sopra dei pannelli.
“Da nessuna parte nel progetto l’azienda menziona nello specifico la nostra abitazione, che è posta a distanze inferiori ai 200 metri da dove sono previsti i pannelli fotovoltaici nel progetto”.
Menziona però che un nuovo progetto nell’area potrebbe essere accettabile. “Dovrebbero diminuire le dimensioni dell’area usata, e almeno dimezzarla. Il progetto dovrebbe essere localizzato a monte della proprietà per poter essere accettabile”, ha detto Wise, aggiungendo che le rinnovabili sono fondamentali per frenare il riscaldamento globale, ma richiedono progetti localizzati in zone con una minore concentrazione di impianti e una minore vocazione agricola.
Progetto: 200 giorni di cantiere
Secondo il proponente l’impianto, la cui costruzione richiedere 200 giorni di cantiere, produrrà 45.096 MWh. Durante l’installazione verranno usati battipali per la posa delle strutture, con impatti sonori.
“Gli impatti prodotti sono difficilmente mitigabili in quanto intrinseci dell’operazione stessa. Sono impatti comunque limitati alla fase di cantiere e nelle vicinanze non vi sono recettori sensibili”, si legge nella sintesi non tecnica.
Il progetto prevede 43.490 moduli in silicio monocristallino da 670 W disposti secondo una distribuzione a 2×26 moduli o 2×13 moduli con strutture nel terreno senza opere in calcestruzzo ad un’altezza minima di 64 centimetri e un’altezza massima di 4,6 metri.
Il progetto include tracker monoassiali, 20 cabine di trasformazione e 3 cabine di consegna in un’unica struttura collegata alla stazione elettrica Tuscania per mezzo di cavidotto interrato. L’accesso al sito è garantito da una strada provinciale di tipo C.
Renera: mitigazioni di tipo visuale per corretto inserimento paesaggistico
La società proponente dice che si è posta come obiettivo principale il creare valore condiviso, dicendosi disponibile a risolvere conflitti di utilizzo in dialogo con i gruppi di interesse, soprattutto quelli locali.
Riporta che, in base all’attuale configurazione, l’impianto non circonderà alcuna unità abitativa, prevedendo una schermatura a verde sia per tutelare la viabilità panoramica che gli edifici più prossimi e totalmente esterni all’area.
“Il progetto in questione è ideato per rispondere a standard di alta qualità e minimizzare gli impatti locali proprio su un territorio delicato come il Viterbese, a partire dalla sua configurazione come impianto di tipo agro-voltaico conforme alle “Linee Guida in materia di impianti agrivoltaici” adottate dal MITE il 27 giugno 2022. Tale tipologia di impianto è stata poi declinata in modo da consentire e preservare, anche coinvolgendo l’attuale proprietà, la continuità dell’attività agricola sull’area interessata, come dettagliatamente rappresentato all’interno della relazione agronomica depositata nell’ambito del procedimento autorizzativo, consentendo peraltro nel caso specifico la coltivazione di produzioni biologiche,” la società ha commentato a pv magazine Italia, aggiungendo che la percentuale di terreno riservato all’attività agricola ammonta al 76,16% dell’area totale. “Appositamente ben oltre ai requisiti normalmente richiesti per questo genere di impianti,”
Secondo Renera, le caratteristiche progettuali rendono l’impianto coerente con le delibere comunali, che mirano a tutelare il paesaggio agrario. La società dice poi che la valutazione caso per caso è “prevista durante il lungo iter autorizzativo che coinvolge sia il Ministero dell’Ambiente, che la Soprintendenza, che la Regione e la Provincia, oltre al Comune e ad un’altra trentina di enti del territorio”.
Renera riporta che il progetto si trova in aree qualificate come idonee per legge ai sensi della normativa nazionale (art. 20, comma 8, let. c-quater del D.lgs. 199/2021).
“Non è infatti corretta l’affermazione per cui la presenza di un’area archeologica a 400 mt dall’impianto comprometterebbe l’idoneità dell’area, non trattandosi di bene tutelato ai sensi della parte seconda del Codice dei Beni Culturali o ai sensi dell’art. 136 di tale codice”.
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