Sospensiva sarda e DL Agricoltura, Paulangelo (REA): ennesimo cortocircuito a livello regolatorio

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Un disegno di legge approvato il 30 aprile dalla giunta regionale della Sardegna prevede una sospensione di 18 mesi alla realizzazione di impianti di produzione e accumulo di energia da fonti rinnovabili, con esclusione degli interventi per le comunità energetiche e gli impianti fotovoltaici sui tetti.

Il disegno di legge si pone come disciplina transitoria nelle more dell’approvazione della legge regionale sulle aree idonee, che dovrà essere emanata successivamente al decreto nazionale aree idonee previsto dal D. lgs. 199/2021 e del conseguente adeguamento e aggiornamento del Piano Paesaggistico Regionale, con l’obiettivo di garantire che lo sviluppo e la realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili avvenga in un contesto di tutela e salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio.

Andiamo però a sottolineare l’ennesimo cortocircuito a livello regolatorio. La Regione Sardegna parla infatti di sospensione “in attesa dell’individuazione delle aree idonee a livello nazionale” ma l’art. 20, co. 6 del D. lgs 199/2021 dispone esattamente il contrario, ovvero che “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”.

C’è quindi una elevata probabilità che la norma regionale, dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, venga impugnata dal Governo davanti alla Corte Costituzionale, nella presumibile consapevolezza da parte della Amministrazione sarda. Probabilmente si tratta di una azione forte, compiuta appositamente per imprimere una accelerazione alla definizione delle aree idonee a livello nazionale, in assenza della quale si permane in uno stato di caos regolatorio e il rischio per le Regioni è quello di perdere il controllo sulla tutela dei propri territori.

Ma intanto il decreto Aree idonee, che avrebbe dovuto essere emanato entro giugno 2022, appare congelato, bloccato proprio da una mancato raccordo tra stato e regioni nel bilanciamento delle proprie competenze. Un mammifero più imponente di un elefante africano, la cui gestazione dura appena 22 mesi, non riesce a venire alla luce.

E allora ad alimentare il caos, fa la sua comparsa il DL Agricoltura, che nell’ultima bozza circolata da pochi giorni prova a superare questa impasse, certo non nel migliore dei modi.

Con l’articolo 6 propone infatti una modifica dell’art. 20 del D. lgs. 199/2021 con l’introduzione del comma 1-bis secondo cui: “Le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’istallazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra di cui all’articolo 6-bis, lettera b) del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28”.

Soffermiamoci un attimo a capire o, meglio, ad interpretare le intenzioni del legislatore, dal momento che l’art. 6-bis lettera b) del D. lgs 28/2011 fa riferimento ad interventi di revamping o repowering realizzati su impianti fotovoltaici esistenti senza occupazione di nuove aree.

Che senso ha riferirsi agli interventi di revamping citati al 6-bis che sono interventi che non comportano occupazione di nuova area agricola (“[…] senza incremento di area occupata dagli impianti”), si vorrebbe forse rendere non idonea un’area già occupata da un impianto? Non credo neppure che l’intento fosse quello di riferirsi alla non idoneità dell’area ai fini dell’applicabilità della PAS (ricordiamo che le aree idonee sono aree dove è possibile realizzare impianti fotovoltaici fino a 12 MW in PAS) in quanto il medesimo art. 6-bis indipendentemente dalla idoneità dell’area consente per tale tipo di interventi il ricorso alla DILA.

Peraltro, se ci si riferisse effettivamente agli interventi di revamping, questo nuovo comma 1-bis introdotto all’art. 20 del D.lgs. 199/2021 andrebbe in totale contrasto con il comma 8 lett. a) del medesimo art. 20 che prevede che i siti già occupati dagli impianti e oggetto di revamping o modifica sono aree idonee (peraltro anche con un incremento di area occupata del 20%).

Quindi, se interpretato alla lettera, si fa un bel giro tondo che non porta da nessuna parte.

È probabile allora che il rimando all’art. 6-bis lettera b) del D. lgs 28/2011 sia stato solo un errore grossolano, e che la previsione contenuta nella bozza del DL agricoltura fosse intesa a classificare non idonee le aree agricole in riferimento, peraltro, ai soli impianti fotovoltaici standard (“con moduli collocati a terra”) e non anche agli impianti agrivoltaici.

D’altronde, la stessa bozza del DM aree idonee, nella sua ultima versione in circolazione, proponeva di limitare fortemente l’utilizzo delle aree agricole, non rientranti tra le aree idonee, ai fini dell’installazione di impianti fotovoltaici standard o agrivoltaici semplici fissandone un limite all’utilizzo variabile tra il 5% e il 10%. Temo, quindi, che la direzione volesse essere questa, e che si stesse per fare, purtroppo, l’ennesimo pasticcio. Per fortuna il decreto è solo in bozza e, a quanto pare, lo stesso MASE non sembra essere d’accordo (d’altro canto, giusto per aggiungere ulteriore confusione, con l’ultima bozza del decreto FER X per la definizione degli incentivi alle fonti rinnovabili, il MASE reintroduceva anche la possibilità di incentivare gli impianti fotovoltaici a terra in aree agricole).

Intanto siamo tutti spettatori o protagonisti di un film che sta durando un po’ troppo a lungo. Le complessità sono tante, ne siamo tutti consapevoli, ma occorre arrivare ad una rapida conclusione mediante la definizione di un quadro regolatorio chiaro e armonizzato. Non ci resta che affidarci alla saggezza dei greci e al mito di Chaos, sperando nella mano di un Dio che dal Chaos riesca a creare un Kosmos.

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