Digitalizzazione delle reti energetiche, elemento fondamentale della transizione energetica. Perché consente alle nostre infrastrutture di diventare più sostenibili e resilienti. In questo contesto, gli smart meter, i contatori “intelligenti”, in grado di interagire con le reti di distribuzione e gli utenti finali, sono i protagonisti della trasformazione delle reti energetiche. Ecco perché questa tecnologia è al centro del convegno annuale SUOM – Smart Utility Open Meters, giunto all’11ª edizione e organizzato dallo Smart Metering Group di ANIE CSI, l’associazione che riunisce in Confindustria le imprese attive nei componenti e sistemi per impianti, in collaborazione con Gruppo Hera.
In occasione dell’evento che si terrà martedì 14 novembre, a partire dalle ore 9, nello Spazio Hera di Bologna (Viale Carlo Berti Pichat, 2/4), con la partecipazione di esperti del settore provenienti da tutta Italia e dall’estero, ANIE CSI fornisce un’istantanea della situazione italiana.
Rete elettrica: l’89% dei contatori installati in Italia è già smart
In Italia, dove ci sono circa 36 milioni di misuratori di energia, la sostituzione dei contatori procede a ritmo sostenuto. Sono infatti 32 milioni i dispositivi di “vecchia generazione” già rimpiazzati da Smart Meter 2G, tecnologie più performanti e capaci di trasmettere i dati di consumo in tempo reale. A questo proposito il principale distributore nazionale ha annunciato di aver installato 30 milioni di Open Meter 2G sui 32 che ha in concessione. L’azienda prevede di completare le attività entro la fine del prossimo anno. Si tratta di un dato importante per la transizione energetica: questi dispositivi permettono infatti di monitorare i consumi in modo più accurato, di ridurre le perdite e migliorare l’efficienza delle reti.
Acqua: oltre il 40% della risorsa idrica dispersa
Diversamente da quanto rilevato per il settore energetico, la rete di distribuzione idrica italiana è caratterizzata da una bassa efficienza, con il 41,2% di acqua disperso in fase di distribuzione a causa dell’obsolescenza strutturale delle reti: infatti, ben il 60% delle infrastrutture ha più di 30 anni e il 25% supera i 50. A fronte di un quadro critico, gli investimenti per promuovere un rinnovo del servizio idrico sono significativamente inferiori alla media europea: solo 56 euro per abitante (dato medio Ue: 78 euro), cifra che consente la sostituzione di soli 3,8 m/km all’anno. A questo ritmo per il rinnovo complessivo della rete sarebbero necessari 250 anni. Ritardo anche sul fronte dell’aggiornamento tecnologico dei contatori idrici domestici: 1 su 2 ha più di 20 anni, e la penetrazione degli smart meter molto limitata (4%).
La digitalizzazione delle reti di distribuzione: un volano per la transizione green
La digitalizzazione delle reti di distribuzione è un passaggio fondamentale per la transizione green delle nostre infrastrutture. Consente di migliorare l’efficienza, la qualità, la sicurezza delle reti, di attivare nuovi servizi a valore aggiunto per gli utenti, oltre a migliorare la consapevolezza in termini di consumo. Tra gli strumenti elettivi per la conversione delle reti in chiave smart, i contatori intelligenti. Questi dispositivi trasformano le reti, rendendole più flessibili e capaci di misurare, monitorare e governare una mole crescente di dati. Oltre a fornire, in particolare quando si tratta di erogazione di acqua e gas, un importante supporto per intervenire sulle perdite: le soluzioni IoT e l’AI consentono infatti di monitorare in tempo reale parametri fondamentali, quali la pressione e la temperatura, per interventi tempestivi, mirati ed efficienti.
Investimenti per la digitalizzazione
Secondo un recente studio di Confindustria e RSE (“Scenari e valutazioni di impatto economico degli obiettivi “Fit for 55” per l’Italia, 2023), per raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione al 2030, l’Italia dovrebbe investire 147 mld di euro in più rispetto allo scenario base, ovvero 14,7 mld all’anno. L’aumento più consistente degli investimenti (il 58%) dovrebbe andare al settore elettrico (33% al fotovoltaico e 26% all’eolico), più altri 26,8 mld di euro alle reti di trasmissione, di distribuzione, ai pompaggi ed accumuli, idrogeno verde e infrastrutture di ricarica.
In questa ipotesi i benefici ottenibili sarebbero molteplici: risparmio economico di 29,925 mld di euro; riduzione di 132 Mtep di energia di origine fossile importata (in totale dal 2020), oltre a un taglio delle emissioni cumulate di CO2 di ben 380 milioni di tonnellate, pari a 36,1 mld di spesa in meno. Per un totale di 66 mld nel decennio, risparmio che proseguirebbe anche negli anni successivi. A questo si deve aggiungere l’effetto moltiplicatore che gli investimenti aggiuntivi per la sostenibilità comporterebbero per le attività economiche e le entrate del bilancio dello Stato: ben 529,5 mld; oltre agli effetti benefici sull’occupazione (+ 11.484.000 posti di lavoro in 10 anni).