Il 21 giugno il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (“MASE”) ha firmato il decreto recante la “disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili”.
Il testo è attualmente al visto ed alla registrazione della Corte dei Conti; sarà, quindi, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (con molta probabilità nelle prossime settimane) ed entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione.
Dall’entrata in vigore ed entro i successivi sei mesi, le Regioni e le Province Autonome dovranno “mappare” il proprio territorio, individuando le aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, nel rispetto dei criteri stabiliti dal decreto.
Le finalità del decreto
Tenuto conto dell’obiettivo nazionale di 80GW di impianti da fonti rinnovabili da installare nel periodo 2021-2030 (obiettivo nazionale fissato dal PINIEC, tenendo conto del pacchetto “Fit for 55” e del pacchetto “Repower UE”), il decreto persegue le seguenti finalità:
a) definire gli obiettivi che, per ciascun anno, ciascuna Regione dovrà raggiungere in termini di MW di impianti da fonti rinnovabili installati nel proprio territorio (cfr. Tabella A – Ripartizione regionale di potenza minima per anno espressa in MW contenuta nell’art. 2 del decreto);
b) stabilire principi e criteri omogenei per l’individuazione da parte delle Regioni e delle Province Autonome delle superfici e delle aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili funzionali al raggiungimento di tali obiettivi.
Il ruolo del MASE nel caso di inadempimento da parte delle Regioni
Il decreto prevede l’intervento del MASE sia nel caso in cui le Regioni non rispettino le tempistiche per l’adozione delle leggi regionali tese ad individuare in concreto le aree idonee nell’ambito del proprio territorio sia nel caso in cui le Regioni non riescano a raggiungere i propri obiettivi annui in termini di MW installati. Nel primo caso (mancata adozione delle leggi regionali entro i 180 giorni) il MASE propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di atto sostitutivo da adottare: non è, tuttavia, previsto un termine entro cui il MASE debba proporre lo schema né quello entro cui il Presidente del Consiglio debba adottarlo. Nel secondo caso (mancato raggiungimento degli obiettivi annuali di potenza installata) solo a partire dal 1 gennaio 2026, il MASE invita le Regioni a presentare osservazioni sul ritardo: decorsi 60 giorni dalla richiesta, il MASE informa il Presidente del Consiglio dei Ministri affinché provveda ad assegnare un termine alla Regione per adempiere – comunque non inferiore a 6 mesi. Di fatto, il decreto non prevede una sanzione vera e propria in caso di inadempimento delle Regioni nel raggiungere gli obiettivi prefissati.
Le aree prese in considerazione dal decreto
Il decreto distingue tra le seguenti aree:
a) superfici e aree idonee: in tali aree troveranno applicazione procedure autorizzative semplificate (utilizzo della PAS fino a 12 MW, innalzamento delle soglie screening e VIA rispettivamente a 12 MW e 25 MW, riduzione di un terzo dei termini per la conclusione dei procedimenti autorizzativi, valore non vincolante del Ministero della Cultura);
b) superfici e aree non idonee: in tali aree l’installazione di impianti FER è vietata;
c) superfici e aree ordinarie: in tali aree continuano ad applicarsi i regimi autorizzativi ordinari (PAS fino a 50 kW per impianti fotovoltaici e 60 kW per impianti eolici, ovvero fino a 1 MW nelle Regioni che si sono avvalsi della facoltà di estendere tale soglia, AU per impianti di potenza superiore, screening per gli impianti fotovoltaici ed eolici sopra 1 MW, VIA nazionale per gli impianti fotovoltaici sopra 10 MW ed eolici sopra i 30 MW);
d) aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra: si tratta, con poche eccezioni, di tutte le aree classificate agricole secondo le previsioni del Decreto Legge Agricoltura di recente adozione, e che si trova ora al vaglio del Parlamento per la conversione in legge (che abbiamo commentato qui DL Agricoltura )
Principi e criteri per l’individuazione delle aree idonee
L’art. 7 del decreto, che ne rappresenta il cuore, indica i criteri ai quali devono attenersi le Regioni nell’individuazione delle aree idonee all’installazione di impianti FER:
In particolare, le Regioni:
a) dovranno garantire la massimizzazione delle aree idonee, contemperando l’obbligo di raggiungere gli obiettivi di potenza installata al 2030 con le esigenze della tutela del patrimonio culturale e le paesaggio, delle aree agricole e forestali: in particolare, le Regioni dovranno privilegiare l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili; stante il divieto di installazione di impianti fotovoltaici a terra in area agricola sancito dal D.L. “Agricoltura” (D.l. 63/2024) riteniamo che per aree agricole non utilizzabili per altri scopi debbano intendersi quelle consentite ai sensi del richiamato D.L. Agricoltura, come, ad esempio, le cave e miniere cessate, le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento.
b) potranno valutare la possibilità di differenziare le aree idonee in base alla fonte, alla taglia e alla tipologia di impianto: in sostanza un’area potrà, a mero titolo esemplificativo, essere considerata idonea solo per l’installazione di impianti fotovoltaici fino ad una certa taglia ma non idonea per l’installazione di eolici;
c) potranno valutare la possibilità di fare salve le aree idonee di cui all’articolo 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (cioè la c.d. “solar belt”, dunque, aree entro 500 mt da zone industriali o commerciali, entro 300 mt da rete autostradale, entro 500 mt da impianti o stabilimenti industriali e così via): in sostanza, le Regioni non sono vincolate a qualificare idonee quelle aree previste oggi come tali dalla normativa nazionale (art. 20, comma 8); nel caso di divergenza nella classificazione, non ci sarebbe una prevalenza della norma nazionale dal momento che le Regioni dovranno attuare i criteri del decreto Aree Idonee con legge regionale, quindi con un atto normativo di pari rango, i.e. avente la stessa forza della legge nazionale;
d) dovranno considerare inidonee le superfici e le aree direttamente vincolate ai sensi dell’articolo 10 (vincoli storici, archeologici, artistici o etno-antropologici) e dell’art. 136, commi 1, lett. a) e b) (aree di interesse storico-artistico o paesaggistico) del D. Lgs. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali);
e) potranno considerare inidonee le aree direttamente vincolate dal Codice dei Beni Culturali, diverse da quelle di cui al su menzionato punto d);
f) potranno fissare una fascia di rispetto sino a 7 km da beni vincolati dal codice dei beni culturali: tale fascia di rispetto dovrà in ogni caso essere differenziata a seconda della tipologia di impianto e proporzionata al bene oggetto di tutela.
I criteri sopra indicati lasciano, dunque, alle Regioni un importante margine di manovra nella definizione delle aree idonee.
Ambito di applicazione della norma
A differenza della bozza circolata solo un paio di settimane fa, lo schema di decreto non definisce un regime
transitorio
Quanto sopra apre a due diversi scenari interpretativi: secondo un orientamento rigoroso, i procedimenti in corso dovranno tenere conto – quando in vigore – del decreto Aree Idonee; secondo altro orientamento, essi dovranno concludersi in base alle norme vigenti al momento dell’istanza di autorizzazione. Tuttavia, in un procedimento caratterizzato da più fasi (si pensi a un progetto che deve essere sottoposto a VIA e poi ad AU o, anche, a un progetto sottoposto a PAUR ma che sia ancora in fase di valutazione ambientale) la fase autorizzativa non ancora iniziata potrà tenere conto anche delle norme sopravvenute. Quanto alle PAS, invece, essendo – secondo l’orientamento più recente – atti soggettivamente e oggettivamente privati, è ragionevole ritenere che le nuove norme (i) si applicheranno evidentemente alle PAS presentate dopo l’entrata in vigore (ii) potranno applicarsi alle procedure di PAS in corso al momento dell’entrata in vigore nel caso in cui il Comune abbia convocato una conferenza di servizi e (iii) non dovrebbero applicarsi alle procedure in corso e per le quali si sia formato (o si formerà) il silenzio – non avendo il Comune esercitato alcun potere di controllo o sospensione nei 30 giorni dall’istanza del privato
In conclusione
In considerazione delle pretese avanzate dalle Regioni nel lungo iter che ha portato all’approvazione del decreto Aree Idonee, riteniamo, su mera base prognostica, che i progetti che le Regioni vorranno autorizzare, senza opporre particolari eccezioni, saranno quelli ricadenti all’interno di aree industriali, cave e miniere cessate, aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento, le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.