CER, studio accademico sottolinea rischio di sottovalutare aspetti socio-economici, ambientali e spaziali

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Il paper esamina le capacità di alcuni strumenti di modellazione energetica per la valutazione delle CER. Partendo da uno screening di precedenti revisioni di strumenti, analizza dodici software per valutazioni delle CER con obiettivi e scale spaziali diversificati, trovando che viene dato troppo spazio alle considerazioni energetiche e finanziarie, senza procedere con una valutazione comprensiva ed esaustiva delle CER. “La produzione ottimale di una CER richiede valutazioni caso per caso”, sottolinea Umberto Berardi, uno dei tre autori del paper “Modelling tools for the assessment of Renewable Energy Communities“, pubblicato sulla rivista accademica Energy Reports. Nell’intervista con pv magazine Italia, il professore presso la Toronto Metropolitan University spiega che anche secondo mere considerazioni economiche, le CER rischiano di essere sovradimensionate. “Un sistema sovradimensionato, ovvero atto a massimizzare la produzione rinnovabile locale, non incrementa l’autosufficienza locale oltre una certa soglia e non risulta economicamente vantaggioso”, spiega Berardi, aggiungendo che CEA e URBANopt risultano i software più completi.

pv magazine Italia: Un’analisi completa del potenziale delle CER richiede strumenti che integrino valutazioni socio-economiche, ambientali e spaziali per la valutazione delle energie rinnovabili. Perché è importante includere tutte le dimensioni?

Umberto Berardi: Includere le tre dimensioni è necessario per creare benefici alla comunità locale, interessata dalla costituzione della CER. Le comunità energetiche rappresentano una nuova modalità di organizzazione sociale per la produzione, la gestione e l’autoconsumo di energia prodotta da fonti rinnovabili. La normativa europea (Direttiva 2018/2001, aggiornata con 2023/2413) e italiana (D.L. 162/2019 e D.L. 199/2021) stabiliscono che una comunità energetica debba mirare alla creazione di benefici non meramente finanziari, ma socio-economici ed ambientali in un determinata area geografica. L’area geografica è stata poi declinata diversamente dai diversi stati membri: in Italia, i membri devono essere connessi alla medesima cabina primaria. Il modello di gestione è bottom-up, ovvero caratterizzato da un coinvolgimento attivo di cittadini privati, autorità locali o aziende e da una riduzione della povertà energetica. Perciò, la valutazione del potenziale delle CER in un territorio non deve essere legata al solo ambito energetico, ovvero all’installazione di impianti rinnovabili, ma considerare a partire dalla modellazione gli aspetti socio-economici ed ambientali che possano favorire un intervento di successo e di lunga durata.

Il paper passa in rassegna dodici strumenti di modellazione energetica che hanno il potenziale per la valutazione delle CER. Il confronto rivela che vengono approfonditi soprattutto i risultati energetici e finanziari. Nel frattempo, i criteri ambientali e spaziali hanno un ruolo marginale sia tra gli input che tra gli output. Può spiegare cosa vuol dire che i criteri ambientali e spaziali abbiano un ruolo marginale sia tra gli input che tra gli output? Quali sono i criteri spaziali?

Il processo di valutazione dei software considerati è focalizzato sulla modellazione di aspetti energetici e finanziari, tali da non consentire una comprensiva valutazione di una CER. I criteri spaziali ed ambientali considerati sono solo marginalmente implementati nella definizione di dati di input e di output, ovvero inclusi in pochi software. I criteri spaziali di input includono la considerazione delle condizioni climatiche, presente in tutti i software, e delle ostruzioni naturali ed artificiali, che possono influire sull’apporto solare. La spazializzazione dei risultati su Sistema Informativo Territoriale GIS è considerato come principale criterio spaziale di output, in quanto la restituzione in questa modalità può facilitare la valutazione e comunicazione dei risultati. I criteri ambientali considerano la modellazione delle emissioni CO2.

Questo potrebbe voler dire che le CER ottimali potrebbero e dovrebbero produrre meno energia? Di quanto si parla? È possibile fornire una stima della diminuzione della produzione di energia di una CER ottimale rispetto a una ottimizzata solo per produrre energia, senza considerare le altre dimensioni?

La produzione ottimale di una CER richiede valutazioni caso per caso. Non sono disponibili stime che comparino la produzione di energia di una CER ottimale rispetto a una configurazione ottimizzata solo energeticamente, senza considerare altri criteri. Solitamente le valutazioni sono effettuate integrando gli aspetti energetici finanziarie su un arco di 20-25 anni. Gli aspetti energetici considerano consumi, produzione da rinnovabili, autoconsumo, autosufficienza e vendita alla rete, mentre il lato finanziario costi di investimento con incentivi, VAN [Valore Attuale Netto], TIR [Tasso Interno di Rendimento] e costi-ricavi annui. Quello che emerge è che un sistema sovradimensionato, ovvero atto a massimizzare la produzione rinnovabile locale, non incrementa l’autosufficienza locale oltre una certa soglia e non risulta economicamente vantaggioso. Se la sovraproduzione non può essere sfruttata da utenti della CER, deve essere immagazzinata con stoccaggio o venduta alla rete con tariffa poco conveniente.

Avete analizzato solo strumenti accessibili con documentazione di supporto e interfaccia grafica consultabili. Giusto? Esistono anche altri strumenti? Ci sono anche strumenti personalizzabili che forse sono più adatti?

La base di partenza è stata l’analisi di software open, facilmente consulatabili ed accessibili per utenti. Si tratta principalmente di software tecnici, usati per la ricerca piuttosto che da cittadini. Sono disponibili altri strumenti legati a specifici casi o vincolati dalle norme locali per la costituzione di CER, che risultano anche maggiormente accessibili da parte dei cittadini. Nel caso dell’Italia, il GSE ha recentemente aggiornato la piattaforma RECON, con le nuove modifiche operative per le CER. Si tratta di un tool semplificato, ma facilmente accessibile e utilizzabile anche da parte di cittadini.

I software spazializzano marginalmente le fasi del flusso di lavoro, tranne CEA e URBANopt, che si rivelano le opzioni più complete per la progettazione di CER. In generale perché CEA e URBANopt sono strumenti più completi?

CEA e URBANopt risultano gli strumenti più completi in quanto integrano nel processo di valutazione di progetti di comunità aspetti energetici, socio-economici, ambientali e spaziali. Questo consente una valutazione comprensiva del potenziale di CER in un’area, che consideri i principali aspetti di pianificazione. Da un punto di vista prettamente energetico o economico, altri software risultano più performanti, come HOMER o SAM.

Cosa vuol dire flusso di lavoro?

Il flusso di lavoro consiste nel processo impiegato dal software per la valutazione di un caso studio. In questo caso, il workflow è stato inteso come definizione del contesto, definizione dei dati di input, processo di elaborazione, ottenimento dei risultati. È stato seguita questa struttura per la revisione dei software considerati, in modo tale da renderla parallela all’elaborazione dei tool.

L’integrazione di diversi profili di carico non viene effettuata negli strumenti selezionati, giusto? In generale, se non capisco male, mancano analisi sui meccanismi di condivisione dell’energia e sui modelli di proprietà. Giusto? Cosa vuol dire e perché è un problema? Vuol dire che non si ottimizza l’autoconsumo?

L’integrazione dei diversi profili di consumo è limitata nei software selezionati, non consentendo di valutare i meccanismi di condivisione dell’energia locale, nel caso italiano tra utenti di CER nell’area della stessa cabina primaria. Meccanismi di condivisione dovrebbero distribuire l’energia localmente prodotta ai membri, in base alla richiesta delle utenze della CER ed anche al modello di gestione selezionato. Le gestione locale consente di massimizzare l’autoconsumo ed anche autosufficienza attraverso la complementarietà dei profili di carico. Diversi studi hanno implementato algoritmi di energy sharing tra membri, in base alla configurazione della CER, la tipologia e taglia di impianti installati, l’obiettivo di ottimizzazione di scambio dell’energia. La condivisione dell’energia locale è definita in Italia dall’autoconsumo collettivo, che accede alla tariffa premio predisposta dal GSE.

Come possono essere migliorati questi strumenti per includere tutte le dimensioni? È un processo lungo? Chi dovrebbe procedere a rivedere gli algoritmi (parliamo infatti di algoritmi migliorabili?)? Quali sono le ripercussioni?

Il miglioramento di tali strumenti è sicuramente impegnativo, ma potrebbe essere di grande aiuto. Comporta la collaborazione di diverse competenze, che possano integrare in algoritmi con ancora più dati di input e ottimizzazioni multi-obiettivo. Tuttavia, l’interdisciplinarietà va ad aumentare la complessità dell’elaborazione ed eventualmente il livello di dettaglio richiesto. Inoltre, lo studio proposto ha accorpato la tematica sociale a quella economica, ma la quantificazione degli impatti sociali di progetti energetici di comunità sta diventando di interesse. Quantificare i benefici di CER sulla comunità richiama le linee europee, ma risulta complesso in quanto si tratta di dati difficilmente traducibili in termini numerici.

Le prospettive future degli strumenti di modellazione per le CER dovrebbero tenere conto delle innovazioni nel settore energetico che includono tecnologie elettriche, termiche o combinate e meccanismi di scambio. Lo spiegate nel paper. Vuol dire che le CER non considerano abbastanza il valore e il ruolo di pompe di calore e batterie o parliamo di storage termico? E poi: cosa vuol dire gestione termica per una CER?

La definizione di CER si concentra principalmente sulle tecnologie elettriche, includendo batterie che possono lavorare per singolo edificio o a scala di comunità. L’integrazione di pompe di calore a rinnovabili è ampiamente studiata per singolo edificio. Nel caso delle CER, l’installazione di numerose pompe di calore dovrebbe essere gestita in modo tale da non sovraccaricare la rete locale e sfruttare l’energia elettrica rinnovabile. Integrare lo storage termico all’uso di pompe di calore è studiato su scala di comunità, collegando anche teleriscaldamento. Non avendo la possibilità di scambio come per l’energia elettrica, tecnologie connesse al teleriscaldamento sono considerate per la gestione della domanda termica su scala di comunità. Considerate le perdite termiche per vecchia generazione, sistemi di quarta e quinta generazione sono preferibili per nuovi progetti a scala di comunità.

Sottolineate poi anche che i software devono considerare anche gli aspetti normativi specifici, quindi richiedendo anche software specifici o comunque algoritmi specifici per ogni Paese, giusto? Ha senso pensare anche di un focus regionale?

Se si pensa ad uno strumento utilizzabile su scala globale, gli aspetti normativi specifici potrebbero essere considerati come una sezione aggiuntiva al software, in base alla localizzazione del progetto. Il software potrebbe reperire le informazioni da database nazionali su limiti operativi, geografici ed incentivi economici. Un’applicazione simile per le sole tariffe elettriche è stato svolto negli Stati Uniti ed è utilizzata da software come URBANopt, HOMER, SAM. Il focus regionale per un singolo software potrebbe essere utile se sussistono differenze nella gestione di CER. Ad esempio, prima dei recenti aggiornamenti legislativi, alcune regioni italiane avevano definito soglie di autosufficienza per accedere ad incentivi per singole CER.

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